Apicoltura toscana: dati, tendenze e scenari del settore

A Montalcino dall’8 al 10 settembre gli stati generali dell’apicoltura, organizzati da ASGA in collaborazione con le associazioni apistiche della Toscana.

È un indicatore straordinario dello stato di salute dell’ambiente in cui viviamo, è un instancabile lavoratore, nutre se stesso, uomini e animali e permette, con l’impollinazione, il ciclo naturale delle piante. Parliamo dell’ape, un insetto nobile, ammirato e rispettato sin dall’antichità (quando rappresentava l’unica fonte di zuccheri), che non ha perso il suo fascino e la sua attrattiva neanche adesso. L’apicoltura continua infatti a suscitare grande interesse. Come rivela l’associazione apistica Arpat, si avvicinano alle api medici, avvocati, impiegati, imprenditori, industriali, operai, donne, uomini. Persone che hanno aumentato la sensibilità e compreso l’importanza di un insetto che, oggi come non mai, è a fortissimo rischio. Ai problemi cronici (pesticidi, concorrenza sleale..) si sono aggiunti parassiti (Varroa destructor), insetti (la vespa velutina, calabrone arrivato dall’Estremo Oriente) e il clima anomalo tra primavera ed estate, che ha affossato la produzione di miele e messo in ginocchio gli apicoltori. Le stime sono terribili: nel 2017 la resa sarà del 30% rispetto alla media nazionale, con raccolti prossimi allo zero nei territori da sempre più vocati d’Italia, come l’area di Montalcino e tutto il territorio toscano che, in situazioni di normalità, rappresenta il 10 % della produzione nazionale (media di 23.000 quintali) e, grazie alla conformazione del territorio, detiene il record di almeno dieci varietà: dalla marruca prodotta esclusivamente in Maremma al corbezzolo, particolarità di Montalcino, fino al miele di spiaggia nella zona viareggina.

Alcune di queste varietà vedranno la loro produzione azzerarsi. Il miele di sulla, per esempio, per via della siccità, non è stato raccolto. Le medie del girasole sono vicine allo zero perché le rese sono state insignificanti. Il miele di tiglio non si è potuto raccogliere nelle città per i motivi già riportati (è stato fatto un po’ di millefiori con prevalenza di melata, in media 5-6 kg/alveare). Malissimo anche l’erba medica e tutti i millefiori che forniscono del nettare nella stagione estiva. Per il corbezzolo, tipico della zona del Brunello, è ancora presto, visto che si raccoglie tra settembre e ottobre, ma i presupposti, ancora una volta, non sono buoni.

“Sono dati riferiti al mese di luglio – spiega Michele Valleri dell’Osservatorio Nazionale del Miele – ma dopo quel mese non si è aggiunto niente. Qualcosina nella zona di Monteaperti, ma si parla di 3 kg a famiglia. La gelata di fine aprile ha rovinato le piante di acacia e la fioritura, poi la siccità unita al gran caldo ha fatto il resto”. E se le api hanno poco da mangiare, sono più deboli e quindi più vulnerabili alle vecchie patologie e nuovi nemici, come la Varroa, ormai endemica, o la vespa velutina, arrivata a Carrara lo scorso luglio e un altro problema che terrà in apprensione gli apicoltori nei prossimi anni.

In questo annus orribilis c’è una varietà che si salva, il castagno. Affetto di recente dal cinipide, adesso sta guarendo e la produzione di miele, in alcune zone in montagna, si è salvata. “Il settore è forte, le associazioni sono attive, molta gente è sempre più incuriosita – aggiunge Valleri – certo, le difficoltà ci sono, ma si stringe i denti e si va avanti. Il settore nonostante tutto è in espansione, anche perché è più “mobile”. Se un terreno agricolo è in difficoltà non ci puoi far niente. Le aziende che producono miele sono dinamiche, non stanno chiudendo. Molte si stanno specializzando in altre attività come la vendita di regine e la produzione di polline e pappa reale. Non c’è solo il miele”.

Michele Valleri farà un intervento al convegno della “Settimana del Miele”, tra i principali appuntamenti del settore a livello nazionale, che si terrà a Montalcino dall’8 al 10 settembre grazie alla collaborazione tra le associazioni apistiche della Toscana e Asga (Associazione Senese Grossetana Apicoltori), che da oltre 40 anni tutela le aziende del settore nei territori di Siena, Grosseto e Arezzo. “Parlerò dei dati di produzione regionali, che riguardano tutta la stagione visto che ormai è finita. Il clima ci sta dando dei segnali, il trend ormai è questo. Negli ultimi dieci anni, sono stati di più quelli negativi che quelli positivi”.

Non è un caso che la sede della “Settimana del Miele” sia a Montalcino, cuore pulsante di una regione da sempre rinomata per la produzione di miele. Sono ben 4657 infatti gli apicoltori con sede legale in Toscana. Di questi, il 40% sono aziende che commercializzano la propria produzione. Sono quindi imprenditori agricoli a tutti gli effetti, visto che l’apicoltore è un agricoltore riconosciuto tale dalla legge. Il totale degli alveari presenti in anagrafe sono ad oggi 98.172 (di cui il 73% è detenuto dagli apicoltori che producono per la commercializzazione del prodotto).

Il miele rappresenta dunque un settore decisamente importante per la Toscana. E nonostante le mille difficoltà, l’interesse per il dolce prodotto continua ad aumentare. Le aziende agricole che hanno nelle api l’attività esclusiva o prevalente sono in crescita, e molti giovani vedono nell’apicoltura, oltre che una passione, l’opportunità di costruirsi una fonte di reddito. “L’amore per l’apicoltura c’è e ci sarà per sempre – sottolinea Monica Cioni, presidente della Settimana del Miele – è vero, il clima fa paura e l’ape è sensibile al cambiamento climatico e a tutti i trattamenti fatti in agricoltura. Ma non deve essere un motivo per mollare. L’apicoltura è una vocazione, se non ti piace non puoi farla. Chi ama la natura la porterà sempre avanti”. Sono segnali di fiducia, di speranza, di buon auspicio. Anche se il futuro appare minaccioso.

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