Apicoltura, parte dalla Sardegna la guerra al flagello Varroa

di Antonello Palmas –

Da marzo gli operatori sardi sperimentano un prodotto contro l’acaro killer. Schirra (Apiaresos): «Veniamo da due pessime annate, produzione dimezzata».

La Sardegna che sogna un futuro più dolce non può che puntare sul suo miele. Spesso premiato nei concorsi internazionali, ma con parecchi nemici da combattere, come hanno dimostrato le ultime due annate da dimenticare per gli apicoltori isolani. Uno dei problemi più grossi è la Varroa destructor, un acaro arrivato in Italia nel 1981 e in Sardegna nel 1985. Una vera disdetta per il settore, l’acaro si attacca al corpo dell’ape e la indebolisce succhiandone l’emolinfa. Durante questo processo può anche trasmettere agenti virali Rna all’insetto. Una grande infestazione di acari porta alla morte della colonia, di solito tra la fine di autunno e l’inizio della primavera. L’acaro Varroa è il parassita con il più pronunciato impatto economico nell’industria dell’apicoltura. Ebbene, da marzo saranno gli apicoltori sardi soci dell’associazione Apiaresos a testare per la prima volta in Italia un rimedio, l’ AluenCap, prodotto a base di acido ossalico autorizzato in Argentina per la lotta contro la varroatosi dove ha avuto successo. La sperimentazione, autorizzata dal ministero per 5000 dosi, fa capo al dipartimento di scienze dell’ambiente dell’ateneo di Cagliari (referente Alberto Angioni)e al dipartimento di agraria dell’università di Sassari (Ignazio Floris).

Due anni neri. Apiaresos è la più grossa organizzazione di apicoltori dell’isola e il presidente Nino Schirra fa il punto della situazione: «Veniamo da due anni difficilissimi sotto il profilo della produzione, dimezzata rispetto al 2016 causa della siccità nel 2017 e dell’eccesso di precipitazioni nel 2018, che ha impedito alle api di uscire per bottinare nel periodo della fioritura, con le cose che sono andate un po’ meglio». Secondo dati Coldiretti, la produzione di miele dei 2.700 operatori dell’isola, nel 2017 era crollata da 15mila quintali a 7.000. «E se consideriamo l’andamento dal 2000, si è passati da 80 chili di media per alveare agli appena 25 del 2018 – dice Schirra – Sono soprattutto i cambiamenti climatici a influire, meno che altrove i pesticidi. Ma nelle aree spiccatamente agricole, come il Campidano, l’influenza dei fitofarmaci si fa sentire rispetto a quelle dove prevale la pastorizia. Difficile dire che il fenomeno della moria delle api che ha colpito anche in Sardegna sia collegato ai pesticidi, ma lo sospettiamo. Ma sono sostanze velocemente degradabili e non è semplice accertarne la presenza durante le analisi».

Margini di crescita. In Sardegna si stima la presenza di circa 60mila arnie, con un mercato da circa 11 milioni di euro. «La metà della produzione va all’autoconsumo – spiega Schirra – Non siamo totalmente autosufficienti: la produzione sarda soddisfa la metà del fabbisogno dell’isola, ma è cresciuta parecchio. Ci sono ampi margini di miglioramento, ma occorre migliorare la produzione. Per riuscirci stiamo cercando di essere indipendenti dalla fornitura di famiglie e di api regine dall’esterno, grazie ai corsi di formazione sui quali abbiamo investito noi associati. L’export? Chi lo fa ne ha dei buoni ricavi, ma il prodotto è ancora troppo esiguo. Peccato, perché l’interesse per la qualità del nostro miele è molto alta. Ma anche il mercato interno è importante, quasi tutti i produttori hanno chiuso la filiera vendendo direttamente al cliente finale, mentre le grosse aziende (e ce ne sono poche) vendono anche alla grande distribuzione».

Diversificare. «Molti apicoltori hanno cominciato a diversificare le produzioni – dice Schirra – così se 10 anni fa il 100 per cento del polline era importato, ora il 95 per cento è sardo, anche questo grazie all’autoformazione tramite docenti chiamati da Apiaresos. E poi l’abbamele, che ha avuto dal ministero il riconoscimento di prodotto tradizionale, ed è aumentata anche la produzione di propoli». La stagione del miele comincia ad aprile e termina a luglio con l’appendice autunnale tipicamente sarda del corbezzolo, che dà il miele amaro, il più pregiato. Se il meteo darà una mano, sarà un’annata finalmente dolcissima.

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