Api all’assalto di una Lancia Y, arriva l’acchiappasciami

di Annamaria Lazzari –

Quattro ore per catturare 80mila insetti: “Penso abbiano perso la regina”.

Milano, 8 giugno 2019 – Ottantamila api si sono “innamorate” di una Lancia Y blu parcheggiata in via Boscovich. Lo sciame ieri mattina si è posato sul lunotto posteriore dell’auto, attirando la curiosità di residenti e passanti nella traversa di corso Buenos Aires. In tanti hanno immortalato la scena insolita con il cellulare. Qualcuno altro ha invece preferito chiamare Matteo Ballardini, apicoltore 52enne di Verano Brianza. Non uno qualsiasi.

È l’«acchiappasciami» ufficiale, a Milano, di Apam, associazione produttori apistici della provincia di Milano, che offre un servizio utilissimo a chiunque si trovi a che fare con un’“invasione” di api. Nelle aree pubbliche, come in strada o nei parchi, l’intervento è gratuito. Ci sono diverse curiosità da raccontare su Ballardini: l’“accalappiasciami” è nato sotto la Madonnina ed è un orologiaio alla terza generazione. I venti della crisi lo hanno spinto ad abbracciare anche il mondo dell’apicoltura, nove anni fa. Per infilare gli imenotteri nella sua arnia azzurra, ieri, ha impiegato quattro ore, lavorando dalle 11 alle 15.

Signor Ballardini, per quale motivo uno sciame ha trovato “seducente” una superficie di vetro e lamiera?

«Durante la primavera è normale che avvenga la “sciamatura”. Si tratta dell’abbandono dell’alveare da parte di un gruppo di api, che segue la “vecchia” regina cercando una nuova casa, quando nella famiglia d’origine c’è una regina nuova. Quello che è successo ieri di particolare è che durante lo spostamento, con ogni probabilità, la regina è stata divorata da un uccello, forse un gruccione o una rondine, specie ghiotte di api. Uno sciame senza regina è come un corpo senza testa. Le api sono precipitate in basso, sulla macchina. Non è un atteggiamento normale: il loro istinto le porta a mimetizzarsi per sfuggire ai predatori».

Lei come ha fatto ad infilare ottantamila api nella sua arnia?

«Prima con il fumo di una pipa, poi con l’affumicatore. È uno strumento che produce fumo attraverso la combustione di juta: il segnale che arriva alle api è che c’è un incendio e che quindi devono spostarsi. Il fumo non le uccide. Le “orfanelle” finiranno nel mio apiario e cercheremo di innestare una nuova regina».

Quante volte le è capitato di essere punto dalle api?

«Succede spesso. Il record è stato l’anno scorso: durante un trattamento di bio veterinaria sono stato punto da 151 api. Mi è venuta la febbre a 42°. Il giorno dopo però stavo benissimo. Quando c’è la sciamatura in genere non pungono perché sono piene di miele e non riescono a inarcare l’addome per fare uscire il pungiglione».

Non sono un po’ troppo frequenti le sciamature quest’anno? A maggio suscitò clamore la fuga di 120 mila api da Palazzo Marino a via Santa Margherita.

«Il fenomeno è legato all’aumento di apicoltori hobbisti a Milano. Ci sono più alveari in città e dunque più sciamature. Ogni giorno ricevo più di 50 richieste di aiuto».

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