Nell’anno 1926 un apicoltore, tale Alberto Sterlich di Tivoli, sulle pagine de “L’Apicoltore d’Italia” si chiedeva se l’affumicatore si sarebbe un giorno potuto sostituire, chiarendo, sin dalle prime righe, la propria disaffezione per il “noiosissimo vecchio lanciafumo”. Chissà in quanti si sono posti la medesima domanda tutte le volte che l’affumicatore si è spento, o quando si sono trovati a dover gestire in apiario una difficile situazione o sono stati rallentati dall’aver in mano l’ingombrante strumento.
Ma non si tratta solo di fastidio: in alcuni casi si ritiene che il fumo dentro l’alveare sia causa, soprattutto in estate, di un così rapido e violento saccheggio interno da provocare un consistente sciupio di miele e che la situazione di confusione possa essere alla base di un saccheggio esterno.
Non sappiamo se queste considerazioni siano completamente vere: certamente il fumo ammansisce le api poiché, in conseguenza dello “spavento” le porta ad ingoiare miele e ciò le ostacola nell’estrazione del pungiglione; ma è altrettanto certo che i numerosi metodi e materiali proposti per sostituire il fumo, come ad esempio l’uso dell’acido fenico proposto dall’apicoltore sopra citato, non hanno avuto successo. L’affumicatore è quindi un mezzo ancora indispensabile nella pratica apistica. Anzi il fatto che da tanto tempo nessun apicoltore ne proponga nuove varianti è, secondo noi, la migliore indicazione del fatto che, nella sua attuale ,semplificata versione, l’affumicatore ha raggiunto la definitiva perfezione funzionale. Se lo strumento è, pertanto, semplicissimo e chiarissimo nel suo funzionamento, non altrettanto semplice può dirsi la storia dei progetti che hanno preceduto ed anche seguito la sua affermazione, così come noi lo conosciamo. Conosciamo il nome dell’inventore ufficiale dell’affumicatore ed anche la data della sua prima realizzazione ma, come per altri strumenti apistici, è curioso ed anche interessante scandagliare il vortice di idee e realizzazioni che hanno preceduto il progetto definitivo ed anche le curiose proposte successive miranti al perfezionamento dello strumento. Siamo rimasti stupiti dal fatto che una realizzazione così semplice sia stata preceduta da strumenti elaboratissimi e costosi: non è semplice semplificare. Bene, i primi affumicatori di cui si ha notizia erano utilizzati dai romani e Virgilio, nel Libro IV delle Georgiche celebra l’uso del fumo per calmare le api:
“Se mai la sede augusta e il miel serbato
nei tesori aprirai prima la bocca
lava con sorsi d’acqua, e si facendo
l’opera compi, e penetrante fumo
con la mano dispensa a te davanti.”
Nel 1790 l’abate Della Rocca nel suo “Trattato sulle api” descrive un affumicatore di terra cotta in uso in Siria. “Quando ci si vuole – egli dice – servire di questa macchina per affumicare le api, si presenta loro il grande foro; per farvi passare una maggior quantità di fumo si soffia un poco dal lato opposto e di mano in mano che lo sterco si consuma lo si rimpiazza con del nuovo.”
In Oriente, fino a poco fa, ci si serviva di uno strumento che consta di una piccola brocca perforata sul fondo e ripiena di sterco di vacca. Sul suo orifizio l’apicoltore mette un carbone acceso e con il suo forte soffio produce così un fumo molto denso. Egli dirige poi, a mo’ di tromba, il suo affumicatore verso le api e soffia il fumo verso il foro di volo dell’arnia, o dietro, da dove cava il miele.
E’ l’americano Mosè Quimby ad inventare ed immettere in commercio, nel 1874, l’affumicatore quasi come noi lo conosciamo. Questo modello venne poi modificato da Bingham e quindi perfezionato da Corneil.
Abbiamo trovato su “L’Apicoltore” del 1888 la descrizione dell’affumicatore, allora chiamato Bingham, scritta da Dubini; ne riportiamo qualche passo cercando di contenere l’eccessiva verbosità della descrizione.
“Nella mia gita a Losanna e Nyon, passando per Ginevra, mi procurai in questa città il soffietto Bingham di provenienza americana, e lo pagai L. 5.75. Ridottomi a casa, in campagna, ne studiai la costruzione, e ne feci fare uno identico in tutto all’americano, che mi venne a costare L. 3. L’affumicatore si compone di un tubo di latta o caminetto, chiuso all’indietro, ed aperto allo innanzi, ove viene imboccato da un lungo cono di latta, amovibile, e di un soffietto. Nel tubo, alla distanza di due centimetri dal fondo, sta un graticcio di ferro, e nello spazio tra il graticcio e il fondo si apre in basso un foro del diametro di un centimetro, destinato a ricevere la corrente d’aria che viene dal sofferto sottostante….. L’affumicatore descritto allorché dà fumo, scotterebbe la mano che ardisse toccare il suo caminetto.
Egli è per ciò che, alla distanza di un centimetro dalla sua cilindrica parete trovasi un altro più grande cilindro di latta, il quale non si scalda in grazia dello strato d’aria che lo divide dal tubo riscaldato…”.
Da quella data altri strumenti vennero proposti: affumicatori freddo, con soffietto a pera di gomma, affumicatori automatici, ecc, ma nessuno di essi superò in praticità, costo, manutenzione l’idea semplicissima di Quimby.
DESCRIZIONE DEGLI AFFUMICATORI RIPRODOTTI
1) Affumicatore economico del Sig. Cesare Donati (1868)
” …in cui la forza di proiezione del fumo si ha col soffio della bocca. Un cono cavo di latta, terminante in alto in un conico e ricurvo cannello, e fornito lateralmente di un manico, porta dall’altro lato, in vicinanza della sua base, un lungo tubo di gomma elastica per cui si soffia. Questo cono viene sovrapposto ad un altro cono di latta, tronco in alto, nel quale si accendono con un lume gli stracci…. Sviluppatosi il fumo dal cono inferiore, vie spinto dal fiato, che entra nella sua cavità, verso l’apertura superiore del cono sovrapposto. Il costo di questo semplicissimo affumicatore è di lire 4.50″.
2) Affumicatore Dubini (1874)
“…sono costituiti da un tubo cilindrico di latta A e da due coni di legno BB’ che imboccano le due estremità del tubo. In uno di questi coni B’ è piantato un piccolo cono di latta C, destinato a tener dritto e nel centro un prismetto D a quattro facce di carta pesta o di polvere di legno vecchio ….Se poi vogliamo dirigere il fumo in qualche punto, allora si chiude il tubo col secondo cono di legno, che pure è forato al centro, e si soffia entro il tubo con la bocca. Anche col velo alla faccia si può ugualmente soffiare, attraverso le maglie del velo.
3) Pipa per api (1869)
“…una pipa di legno cilindrica e grossa, comunicante con un cannello d’osso ricurvo in alto e con un altro cannello dritto in basso. Nella pipa, si pone e si accende il tabacco. L’operatore fuma come al solito, tirando il fumo prima col cannello retto e poi col ricurvo, e allora il cannello dritto pende in basso. Quando vuole ammansire le api presenta all’imboccatura dell’arnia il cannello dritto, alzando la pipa, e soffia in esso il fumo in luogo di tirarlo”.
4) Affumicatore a tamburo (1869)
“…è un affumicatore a tamburo terminato da due coni, cui fanno seguito da una parte il soffietto e dall’altra un cannello. Nella figura inferiore sono indicate le interne lastre di ferro bucherate che impediscono ai cenci infuocati di uscire dal tamburo”.
5) Soffietto per affumicatore (1868)
“Il mezzo migliore per rendere docili le api è quello di affumicarle. Collo zigaro o la pipa ci possiamo circondare di un’atmosfera che ci preserva dalle punture; ma siccome il fumo di tabacco è nocivo alle api, così non dobbiamo abusarne, e nelle operazioni un poco lunghe, sarà meglio servirsi dall’apparecchio rappresentato dalla figura. Esso è formato da un tamburino di ferro a pareti sottili del diametro di centimetri 9. Ad una delle estremità vi è un piccolo tubo cilindrico in cui si introduce il cannello di un soffietto…. Uno sportello praticato nei fianchi del tamburino, permette di introdurvi il combustibile”.
6) Affumìcatore Dubíni (1868)
“…nel quale una viva corrente d’aria, che si genera per la forza stessa del carbone, mantiene il fuoco sempre acceso per delle ore, senza che l’apicoltore se ne prenda pensiero … Consta essa di un tamburo o tostino di ferro sostenuto da quattro piedi, nel centro del quale entra verticalmente e lo trapassa un grosso tubo pure di ferro A, che in basso porta la griglia del fuoco e il cinerario B e in alto viene imboccato da un imbuto C… Posta una piallatura di legno sulla griglia entro il grosso tubo e sopra di esso un po’ di carbonigia dolce e qualche pezzetto di carbone forte, si accende per disotto, attraverso la griglia, la piallatura con uno zorfanello ed il fuoco si comunica ed arde sempre vivamente nel grosso tubo per la corrente ingeneratasi in questo sistema…
7) Affumicatore a fumo freddo (1874)
“Il signor Carlo Triaca di Milano mandò anche un ingegnoso tubo, da applicarsi ai comuni affumicatori a soffietto, e destinato a raffreddare il fumo e ad impedire che col fumo escano le scintille…. un cannello centrale A di ingresso del fumo, che, penetrando dal centro del disco di latta che chiude il tubo, si porta obliquamente fino a quasi all’estremità presso la parete interna del tubo stesso…. Il tubo che entra dal primo cannello projetta quindi la sue scintille contro il coperchio del tubo ove si spengano, mentre il fumo stesso prende, retrocedendo, la via dell’altro cannello di uscita. Questo cammino poi che il fumo deve fare nel cilindro di latta serve opportunamente a raffreddarlo”.
8) Affumicatore a fumo freddo (1931)
L’ideatore, Sig. R. Patsy, così lo descrive. “…sin dal 1913 avevo applicato il principio dell’iniettore Giffard aggiungendo un getto di aria per mezzo di un tubo A collocato nel cono di proiezione dell’affumicatore. Questo getto d’aria raffredda il fumo e provoca una depressione nel focolare, la quale richiama attraverso un’apertura B dell’aria dall’esterno, sufficiente per mantenere la combustione”.