In una stagione possono morire 60mila api

di Lara Loreti –

Il professor Canale: «L’insetto killer non lascia scampo: la famiglia resta imprigionata e senza cibo».

Fonda colonie numerose, i nidi secondari (quelli formati a settembre e ottobre) possono ospitare fino a 12-15mila esemplari mentre a primavera ed estate si arriva a qualche centinaia. E la cosa più preoccupante è che preda le api, soprattutto quelle da miele. Insomma, un insetto «temibile». Così la vespa velutina viene descritta dal professor Angelo Canale, docente di apidologia e apicoltura all’Università di Pisa, nel dipartimento di Scienze Agrarie. Calabrese, 47 anni, all’esperto abbiamo chiesto dati e rischi legati allo sbarco della vespa asiatica in Toscana.

Ci può tracciare l’identikit di questo insetto?

«La vespa velutina è originaria del sud est asiatico. In Europa è arrivata nel 2004 quando è sbarcata in Francia insieme a materiale vivaistico. Nell’ambiente mediterraneo trova le condizioni ideali per riprodursi. E infatti dalla Francia si è diffusa in Spagna, Portogallo, Germania e nel 2012 in Italia, in Liguria. Se si considera che ad oggi si trova anche Piemonte e Veneto, non mi sorprende che sia stata rilevata in Toscana. Preda tutte le api, ma è specializzata in quella da miele, che è la più importante come risorsa economica».

Come avviene la caccia?

«La vespa velutina prende di mira soprattutto le bottinatrici cioè le api che, dopo aver raccolto nettare e polline sui fiori, rientrano nell’alveare cariche di “dolcezza”. Ma il vero danno la vespa asiatica lo causa alle api che si trovano dentro le arnie: percependo il pericolo, queste non escono più, non si procurano cibo e muoiono di fame. Purtroppo non hanno scampo: la vespa fa le poste all’ingresso dell’alveare, aspettando le api di ritorno dalla ricerca del nettare e imprigionando di fatto le altre».

Quali possono essere le conseguenze?

«L’esito è che l’intera famiglia (si parla di 50-60mila api in media) non riceve alimento e quindi nuore di fame. La strage può avvenire nell’arco di una stagione, da febbraio a ottobre. Basti dire che in Liguria da quando è stata rilevata, cioè nel 2012, è andato perduto il 50% degli alveari a causa della vespa velutina».

Com’è la situazione nella nostra regione?

«In Toscana c’è da aspettarsi che queste catture possano aumentare nel tempo. A questo scopo, gli apicoltori, sulla base delle direttive della Regione, hanno messo delle trappole a scopo di monitoraggio. Quelle più classiche consistono nel posizionare nella zona sospetta bottiglie di plastica, con un imbuto rovesciato in testa, piene di birra e sostanze dolci che possano attirare le vespe. La cosa fondamentale poi è individuare i nidi, che si vedono anche ad occhio nudo: di solito vengono realizzati sulle cime degli alberi, anche a 30 metri. Una volta trovati andrebbero rimossi da personale specializzato, vigili del fuoco, protezione civile e apicoltori».

La vespa velutina può danneggiare l’uomo?

«Sì, è molto pericolosa perché possiede un veleno aggressivo e temibile per la salute degli operatori. Consideriamo che ha 18 millimetri di apertura alare, quindi è più piccola del calabrone europeo, ma le sue punture sono molto dolorose e un singolo esemplare può colpire in più punti. Punge l’uomo per difesa e sopravvive, estraendo l’aculeo».

Quanti sono gli alveari in Toscana e com’è lo stato di salute delle api?

«Sono stati censiti circa 100mila alveari professionali a cui vanno aggiunti quelli degli appassionati. Vespa velutina a parte, c’è in Toscana e non solo un problema sopravvivenza delle api: siamo di fronte a una vera e propria moria. Le cause sono legate in parte al cambiamento climatico, ma anche a malattie, parassiti e non da ultimo all’uso di alcuni insetticidi in agricoltura. Per questi motivi, tutti gli anni ci sono perdite importanti di colonie dell’ordine del 40-50%. In questo quadro, si aggiunge la vespa velutina, come specie aliena».

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