di Gianni Carrolli –
“Per la nostra apicoltura è un anno da dimenticare. Abbiamo chiesto lo stato di calamità. Già tra maggio e giugno abbiamo evidenziato un pesante calo nella produzione di miele, unito a preoccupanti danni sulla salute e lo sviluppo delle famiglie di api. Per mieli come acacia e tarassaco potevamo parlare di una riduzione di produzione della metà. Ancora più alta, direi -70%, la perdita per il tiglio”. Così Esterina Mariotti, presidente dell’associazione Produttori apistici di Cremona, in merito a quello che è stato ribattezzato “l’anno degli alveari bollenti”.
Il calo produttivo
“Non si è perso solo il miele – aggiunge Mariotti – quella che è venuta meno è anche lacapacità produttiva delle api. Abbiamo stimato un danno nello sviluppo delle famiglie quantificabile in almeno 100 euro ad alveare. Il dato è che, a causa del clima, altalenante in primavera e poi caldissimo adesso, le famiglie di api si sono rovinate, non sono più in grado di produrre la quantità di miele di una stagione normale”. Come in tutta la Lombardia anche a Cremona si registrano perdite consistenti: gli apicoltori hanno dovuto rinunciare a circa il 50% del miele, anche a causa dell’azzeramento della produzione di millefiori.
Una situazione drammatica
“In trent’anni di lavoro ne ho viste di estati calde e secche, ma come questa mai – racconta Stefano Andreazza, apicoltore di Parabiago – abbiamo già perso circa la metà del raccolto del millefiori estivo e adesso la situazione è drammatica: con questo secco i prati sono bruciati, non ci sono fiori e le api non riescono a trovare il nutrimento, soprattutto nelle zone di pianura. Senza le giuste scorte di cibo si indeboliscono, le covate rallentano o si bloccano e quando arriverà l’inverno molte api saranno così debilitate che non riusciranno a sopravvivere”.