di Chiara Borzì –
Per l’apicoltura siciliana si tratta di uno stato d’emergenza che potrebbe compromettere la produzione. Previsioni migliori però per alcune varietà come ad esempio quella di agrumi.
Dall’Aethina Tumida alla siccità e gli incendi. Dallo stato di allarme alla concretizzazione di una situazione di emergenza che ha già contribuito alla riduzione drastica della produzione di miele siciliano.
Per l’apicoltura regionale l’estate 2017 è stata probabilmente una tra le più dure di sempre. L’assenza di piogge (protrattasi in alcune zone da aprile fino ad agosto) e il divampare dei continui incendi hanno portato alla distruzione di molti alveari e di conseguenza ad una probabile drammatica riduzione della raccolta di miele con l’inizio dell’autunno. In assenza di un riscontro certo – quelle attuali sono solo delle previsioni – gli apicoltori si stanno comunque preparando al peggio. Devono però essere fatte le giuste distinzioni perché il miele prodotto in Sicilia non è costituito da un’unica varietà, ma da diverse, ed infatti le previsioni sembrano essere migliori, ad esempio, per la produzione di miele dagli agrumi.
“Avremo probabilmente buon raccolto dal miele da agrume – ha confermato il presidente di Miele Sicilia Giuseppe Caronia – all’opposto appare grave la situazione per il millefiori. Non è possibile fare delle stime, sarebbero aleatorie, tuttavia volendo abbozzare qualche percentuale crediamo che al Nord il crollo della produzione sia pari a 70 per cento, da noi la produzione primaverile di miele ha invece subito un calo certo del 40%. Per i dati futuri dovremo aspettare settembre e la fine della produzione”. Caronia ha voluto mettere l’accento sul trend negativo che interessa il miele di eucalipto: “Questa varietà va malissimo, sia a causa dell’Aethina Tumida, sia perché da anni va avanti la politica del taglio degli eucalipteti. Siamo arrivati quasi all’azzeramento. Sono entrati poi in gioco anche gli incendi, che hanno ridotto la superficie ad eucalipto”.
Non solo alberi e piante, ma anche gli stessi sono andati a fuoco per l’azione spontanea, o presunta tale, del fuoco in Sicilia. “Stimano cominciando a contare i danni – ha dichiarato il presidente Giuseppe Caronia – nel palermitano abbiamo contato oltre 500 casse bruciate. Stimiamo un danno economico enorme, servono nuovi sciami e questo richiederà tempo, di conseguenza scarsa incidenza a breve termine sul mercato del miele”.
A questo punto sembrerebbe conseguenziale l’intervento a tutela dell’apicoltura da parte della politica regionale, ma le misure a disposizione nel Psr 2014/2020 non sembrano affatto efficaci. “La 13.8 – ha spiegato Caronia – va considerata una coperta molto corta, che non riesce a soddisfare le esigenze degli apicoltori già in condizioni normali, figuriamoci in condizioni di emergenza. Il nostro settore ha a disposizione 550 mila euro, in parte in cofinanziamento, ma il tutto per ricoprire gli ambiti di formazione, associazionismo e anche acquistato materiali”.
Che la politica siciliana sia protagonista di azioni insufficienti a favore dell’apicoltura regionale lo si capisce anche dalle notizie che arrivano dal resto d’Italia. In Toscana la regione ha stanziato in agosto 445mila euro per facilitare la veicolazione delle informazioni in merito alla lotta alla varroasi e alle altre malattie che interessano il comparto, per l’incentivazione all’acquisto di arnie e attrezzature che consentano la razionalizzazione della transumanza. Il tutto per tutelare un comparto fortemente indebolito, come la Sicilia, da un’estate decisamente torrida.