di Laura Bonani –
Per battere la crisi quattro anni fa, Mirko Iacopini ha virato sull’apicoltura: una vera e propria inversione a U. Lui, infatti, ha il diploma di perito elettrotecnico. Ha fatto pure l’esame di Stato. «Sì, – spiega – per accedere alla professione, ho lavorato come stagista per diciotto mesi in due studi di progettazione». Mirko, 27 anni, è di Massa Carrara, della Lunigiana. Quel territorio con poca presenza umana, poca industria, molti monti e colline, moltissime fioriture lilla e gialle.
«Lo stage non è che mi avesse coinvolto più di tanto – racconta -. Lo ricordo, poi, come un periodo grigio. Non si sentiva parlare d’altro che di disoccupazione. Di gente che aveva perso il lavoro. Molti miei compagni del ‘Meucci’ si erano iscritti all’università perché non avevano trovato nulla. Due o tre lavoravano nell’impresa di famiglia. Uno era partito per l’Australia. Io, un pochino, avevo sperato che uno dei due posti in cui avevo fatto il praticantato mi proponesse l’assunzione. Non è che morissi dalla voglia di fare quel mestiere…però, volevo far vedere che ero capace di essere indipendente. Invece, zero. Mi ero unito all’esercito di 20enni ‘a spasso’».
Ma c’è stata una coincidenza. Una sera, è arrivato a casa un biologo amico di famiglia che qualche volta aveva incrociato. I discorsi si son focalizzati sull’hobby del prof. Scusa per le api. Sul suo allevamento nei dintorni di Massa. Sul fatto che produceva il miele e, giusto in quei giorni, era presissimo. Per Mirko, non era un argomento al 100% nuovo. Quella volta (però), lì vis-à-vis, volle fare un po’ di domande. E per Pino Scusa fu un invito a nozze.
«L’aspetto più affascinante mi sembrava la sua conoscenza enciclopedica degli insetti, delle piante…anche delle malattie che possono aggredirle – continua Mirko -. Gli ho chiesto di poter vedere gli alveari e l’indomani, ero già con lui in campagna. Una giornata memorabile. Era la primavera del 2012 e, nel giro di 24 h, ho cominciato a fare una bozza/un disegno di come muovermi su quella direzione: lo scenario era avvincente. E insolito. Vedermi quotidianamente a stretto contatto con la natura era una possibilità a cui non avevo pensato. Mi si è accesa una lampadina. Ho capito pure che, innanzitutto, dovevo studiare. E sono andato a Bologna a iscrivermi a un corso di apicoltura».
Grazie all’aiuto del prof. Scusa, Mirko è cresciuto in fretta. Ha iniziato ad analizzare le colline della Lunigiana ricchissime di biodiversità e proprio per questo ideali per le api: gli insetti sentinella dell’ambiente per antonomasia. Ha trovato lavoro presso imprese agricole nei paraggi. Nel 2015, finalmente, si è messo in proprio.
«A Fosdinovo, abbiamo 4 ettari di terra – spiega –: è una zona dove castagni e acacie non si contano. Lì, ho impiantato il mio allevamento. Ho iniziato con tre sciami: tre ‘famiglie di api’. Ogni famiglia ne conta almeno 60mila. Le ho poi divise e, aiutando anche il prof con le sue, ho aumentato il numero delle famiglie. Oggi, sono 300. Son riuscito ad allargare l’attività grazie a un pizzico di fortuna: ho vinto un bando di finanziamenti pubblici».
Quest’anno, per colpa del clima impazzito, ci sarà poco miele made in Italy. Agli apicoltori è andata male. In special modo proprio a quelli della Lunigiana: sono i primi (e unici) ad aver ottenuto la certificazione Dop dall’UE. «Sugli scaffali, due barattoli su tre, saranno di miele importato – dice Coldiretti -: tutta un’altra storia».
«È così, purtroppo – nota Mirko -. Se nel 2016 abbiamo prodotto 20 q di miele, il 2017 ce ne permette soltanto 10 q. E niente miele di acacia. Ho investito parecchio nell’attrezzatura: cassette, telaini, melario. Questo lavoro è diventato anche il mio amore anzi, il mio amore sono le api: trasmettono il valore della solidarietà».