di Matteo Giusti –
Intervista a Niccolò Calandri e Riccardo Balzaretti, fondatori della startup 3bee, per farci illustrare il dispositivo ad alta tecnologia per il controllo degli alveari che hanno sviluppato e che sta riscuotendo interesse in Italia e nel mondo.
L’agricoltura di precisione sta prendendo sempre più piede nella realtà produttiva agricola e zootecnica. E ora, una nuova innovazione promette di introdurre l’alta tecnologia anche in apicoltura.
A farlo è una startup tutta italiana, 3bee, che sta riscuotendo molto successo anche all’estero. Una startup lanciata da un giovane ingegnere elettronico, Niccolò Calandri, e un altrettanto giovane biologo, Riccardo Balzaretti, entrambi lombardi e appassionati di api.
Li abbiamo intervistati per farci spiegare come funziona e che prospettive di utilizzo ha il loro dispositivo, chiamato Hive tech, letteralmente arnia tecnologica.
Innanzitutto che cosa è questa vostra invenzione?
“Più che ‘invenzione’ la chiameremmo innovazione e consiste in un sistemadi monitoraggio dell’alveare da remoto che permette la rilevazione di molteplici fattori biologici fra cui temperatura, umidità e intensità sonorainterne all’arnia che danno un’idea generale dello stato di salute in cui si trova l’alveare.
Il nostro sistema è inoltre provvisto di una bilancia molto funzionale e precisa ed è alimentato da un piccolo pannellino fotovoltaico che, grazie al basso consumo del dispositivo, lo rende autosufficiente.
L’idea che sta alla base della progettazione e produzione di questo sistema è quella di aiutare l’apicoltore nella gestione dei propri alveari raccogliendo contemporaneamente dati sufficienti ad individuare malattie come infezioni e/o infestazioni sviluppando successivamente anche algoritmi predittivi. Questi dati sono raccolti ed inviati sul nostro cloud dove l’apicoltore può visualizzarli e/o scaricarli”.
Come è nata l’idea?
“L’idea è nata una sera in cui si discuteva dei problemi inerenti al panorama apistico. Quello che ci siamo detti è: ‘Perchè non uniamo le nostre conoscenze e proviamo a fare qualcosa per aiutare questo settore in crisi?’
E fu così che, dopo aver organizzato un percorso di sviluppo del sistema di monitoraggio e concluso entrambi il nostro percorso di dottorato, è nata 3bee”.
Fisicamente come è fatto il dispositivo Hive tech?
“E’ una emibilancia da cui si diramano il cavo per i sensori interni, ilpannello solare e un’altra emibilancia. Alla parte hardware sarà affiancato anche un abbonamento per la Sim integrata, che permette il corretto funzionamento del dispositivo mediante l’invio dei dati raccolti sul cloud di 3bee. Successivamente questo abbonamento potrà essere integrato anche con la parte di algoritmica che permetterà di constatare e/o predire alcuni eventi, naturali e non, nell’alveare.
Sul sito di 3bee si possono vedere varie foto del dispositivo montato”.
Quanti sensori ci sono all’interno di un’arnia e come sono distribuiti?
“I sensori presenti all’interno dell’arnia sono tre: temperatura, umidità esuono (intensità e spettro). Essi possono essere collocati o sulla rete presentesul fondo antivarroa o sopra i favi del nido in posizione centrale, stiamo definendo ora quale di queste sia la più informativa.
Sicuramente ad una maggiore presenza di sensori corrisponde una maggiore e più accurata raccolta dati. Tuttavia il dispositivo Hive tech è stato studiatoper avere con il più basso impatto sulla vita dell’alveare, la maggiore resa in termini di qualità e quantità di dati.
Stiamo inoltre studiando dei sensori in grado di individuare gas emessi sia dalle api che da loro patogeni così da avere informazioni più precise in caso di malattie”.
Che tipo di informazioni pratiche si possono ottenere dai dati raccolti da Hive tech?
“Si possono avere molti tipi di informazioni sullo stato della famiglia. Ad esempi in letteratura ci sono molti lavori che collegano un aumento di temperatura con una maggiore probabilità di sciamatura. Inoltre, si è visto che se si monitorano contemporaneamente più parametri, l’informazione derivata dalla loro correlazione sarà più precisa. Nel caso specifico della previsione della sciamatura se alla temperatura viene associata anche l’intensità sonora, la previsione è ancora più accurata.
Riguardo alle malattie, questi parametri possono essere molto interessanti per studiarne l’insorgenza, lo sviluppo e l’estinzione. Ad esempio è stato dimostrato che la presenza di covata calcificata è favorita da temperature basse e alti tassi di umidità che possono essere dati da fattori ambientali o dalla famiglia.
Con l’intensità sonora invece si può capire se una famiglia sia orfana o no; questo dato è rafforzato anche dal monitoraggio in contemporanea della temperatura che, in assenza di covata, rimarca quella ambientale. L’intensità sonora può essere utilizzata anche per capire se ci sono problemi come un’elevata infestazione di varroa o avvelenamenti.
Per quello che riguarda le variazioni di peso misurate dalle emibilance, questi dati forniscono ovviamente informazioni sull’importazione di nettare, e quindi sulla necessità o meno di fornire melari, sul consumo delle scorte, indicando se è il caso di intervenire con la nutrizione. Informazioni che ottimizzano il lavoro facendo risparmiare una o più visite in apiario (quindi tempo e gasolio). Inoltre possono rilevare e anche altre situazioni come l’avvenuta sciamatura o anche il furto dei melari pieni, fenomeno non raro tra i vari furti che possono subire gli apicoltori”.
Con un dispositivo Hive tech quante arnie si possono monitorare? L’ideale per una apicoltura di precisione sarebbe poter avere sotto controllo tutti gli alveari?
“Con un Hive tech si può monitorare una famiglia ma il dispositivo è facilmente scalabile su altri alveari”.
Oggi l’apicoltura è in crisi, ma anche gli apicoltori. Quanto costa un dispositivo?
“Il costo di Hive tech sarà circa un terzo rispetto ad altri sistemi dirilevamento presenti attualmente sul mercato, così come il costo dell’abbonamento”.
Questo dispositivo è interessante sicuramente per aspetti di ricerca e sperimentazione ma un apicoltore perché dovrebbe comprarlo?
“Innanzitutto è bene ricordare che in Italia molto spesso i primi a fare ricerca sono proprio gli apicoltori, senza togliere meriti agli istituti di ricerca che svolgono un’azione indispensabile.
Questo dispositivo fornisce una visione d’insieme dello stato dell’alveare dando la possibilità all’apicoltore di effettuare delle ispezioni mirate ricevendo in tempo reale notifiche di allerta qualora ci siano eventi come imminente sciamatura, orfanità, calamità naturali, furti, ecc. Tutto questo è utile per una maggior razionalizzazione dell’apiario che permette di non sprecare tempo e di risparmiare soldi. Per questa ragione venderemo ildispositivo prevalentemente ad apicoltori ed è per questo che stiamoindustrializzando il prodotto al fine di raggiungere un prezzo imbattibile. Siamo comunque aperti a qualsiasi collaborazione con qualunque istituto di ricerca al fine di migliorare i sensori ed effettuare indagini ancora più sofisticate”.
In futuro si potrebbe pensare anche di intervenire da casa per effettuare degli interventi sull’alveare?
“Assolutamente no. La nostra tecnologia non intende sostituirsi all’apicoltore, il cui lavoro ed ispezioni visive sono indispensabili, ma è pensata per dare un aiuto nella valutazione e gestione dello sciame e dell’apiario oltre che per aumentarne la sicurezza con i dispositivi antifurto”.
Il vostro dispositivo Hive tech, come abbiamo accennato ha già suscitato molto interesse in Italia e non solo, che riconoscimenti avete ricevuto?
“Sì, abbiamo ricevuto diversi premi e finanziamenti, come dalla Fondazione Barilla center for food and nutrition, dall’Incubatore di imprese innovative del Politecnico di Torino I3P, e dal Parco scientifico e tecnologico Como NexT. Siamo stati anche invitati a presentare il nostro progetto all’Eco expo Asiache ci ha permesso di affacciarci anche sul mercato asiatico. Infine abbiamovinto anche il contest italiano di Startup Jerusalem che ci ha permesso di approfondire alcune delle tematiche che più ci stanno a cuore ossia laconvivenza dell’apicoltura con il mondo dell’agricoltura intensiva ponendo le basi per nuove collaborazioni che si concretizzeranno in una proposta di un progetto all’interno della call Horizon 2020”.