di Luca Bergamin –
Scossa nelle case nobiliari dal terremoto, è riuscita a creare una comunità del trekking.
Parte da una casetta verde di legno tra i boschi e sotto le vette dei Sibillini il riscatto di questo piccolo borgo marchigiano colpito seriamente dal sisma del 2016. Il Rifugio Città di Amandola, gestito da Edgardo Giacomazzi con la sua famiglia è il luogo del cuore degli abitanti. In tanti hanno dovuto lasciare il centro storico sorto sul tufo, libero comune da 770 anni, composto da case nobiliari del ’700, strade lastricate che salgono e scendono di continuo, minuscoli giardini celati da recinzioni in pietra, in cui spicca il bellissimo Teatro La Fenice.
Il terremoto se ne è infischiato dei bei palazzi in mattoni rossi eretti da chi si era arricchito con le produzioni tessili e abitati prima da Francesco Sforza, Cesare Borgia e dalla famiglia dei Malatesta, degli storici torrioni, insinuandosi un po’ ovunque, aprendo crepe che hanno costretto 800 persone a vivere nei prefabbricati. Però nell’anima degli amandolesi non ci sono state spaccature. Se Elio Perla è un resiliente che proprio lassù dove Amandola è stata più ferita ha aperto il B&B Borgo delle Fate — «Ci ho fatto venire anche i miei genitori da Arquata che adesso non esiste più. Mi aiutano ad accogliere gli ospiti, noi tutti siamo un simbolo di resistenza» —, i suoi concittadini continuano a ritrovarsi sotto le arcate di Piazza Risorgimento e sulla scalinata della Chiesa di Sant’Agostino per chiacchierare e mangiare i crostini spalmati col pregiato tartufo bianco locale.
E soprattutto si riversano numerosi sui 500 chilometri di sentieri tracciati intorno, sopra e sotto i Monti Sibillini. Dalle sorgenti dell’Ambro al Monte Castel Manardo, da Pizzo Tre Vescovi al Monte Priora, sino al Lago di Pilato, la Valle del fiume Tenna e alle Gole dell’Infernaccio, è un via vai continuo di escursionisti locali e non che salgono quassù per ritrovare fiducia nella natura, i primi, e per dare speranza alla gente del posto, i secondi. «Io sto cercando un pascolo per la mia tesi — dice Lorena Baglioni, studentessa di scienze forestali —, sono nata sulle Dolomiti. Qui il paesaggio è più brullo, mancano le grandi cattedrali di roccia. Ma è impregnato di leggende, in particolare quella della Sibilla, che suggestiona molto i camminatori. E poi crescono 63 specie di orchidee selvatiche». I fiori, così come gli uccelli, dal gufo reale allo sparviero sino ai caprioli che si incontrano talvolta proprio da vicino, sono un motivo di richiamo, certo, ma la motivazione di chi fa trekking è adesso più profonda. «La natura ci ha tolto la sicurezza, ma con la fioritura primaverile e la riapertura quasi completata del Grande Anello dei Monti Sibillini, 120 km, sentiamo che il paesaggio ci sta come coccolando, rassicurando — spiega Claudio Sirocchi, presidente di un Cai attivissimo con 170 soci su una popolazione di tremila abitanti -, ci dà un risarcimento emotivo ed estetico».
Sono romantici, infatti, gli abitanti di Amandola — i fidanzati scattano ritratti alle loro belle sotto il cartello del paese, che ha come frazioni Casa degli Innamorati e Moglietta… —, tanto che sotto la parete del Balzo Rosso declamano le poesie di Leopardi tratte dalle Ricordanze. Oppure scrivono favole ispirandosi agli animali del bosco, come fa la guida e fotografo Giorgio Tassi: «Ci portavano qui i nostri nonni da bambini, a osservare gli animali senza disturbarli, educandoci al bello. Anche se la terra ha tremato tanto, non siamo più arrabbiati, sappiamo che ci sono queste montagne, le valli, le cascate a farci compagnia». La sua compagna, Raffaella Graziosi, imprenditrice farmaceutica anconetana, sta per questo pensando di trasferire qui il suo ufficio: «Metterei il tavolo sotto il Monte Amandola e il citofono sotto la freccia che indica il sentiero n. 6. Io qui ho trovato il mio luogo della rinascita».
Il più fortunato, sotto questo aspetto, è sicuramente Edgardo che può vantarsi di avere la sua casetta verde nel bosco. «Però è aperta a tutti, al rifugio si può dormire, mangiare. I bambini lasciano i disegni. Tra i boschi la paura passa, e torna forte il desiderio di rimettersi in cammino».