Friuli. Per le api è tornata la buona stagione

La produzione di miele è quasi raddoppiata rispetto al 2017.

In passato si sono ripetuti gli allarmi sullo stato di salute delle api e sul possibile arrivo di nuovi temibili predatori capaci di sbaragliare intere colonie. Secondo gli esperti, tuttavia, per api e apicoltori del fvg sembra sia tornata la buona stagione.

A confermarlo Francesco Nazzi, docente di Entomologia del Dipartimento di Scienze agroalimentari, ambientali e animali dell’Università di Udine che segue il settore.
“Quando parliamo di stato di salute delle api la quantità di miele prodotta è uno dei parametri usati. Nell’apiario realizzato grazie a un finanziamento al Laboratorio apistico regionale, dotato di una ventina di arnie (dato medio di un apiario in regione) allo scopo di monitorare la situazione, abbiamo finora abbiamo raccolto circa 35 chili di miele, dato che fa ben sperare per la stagione in corso”.
L’apiario, creato per poter disporre di dati attendibili e fornire informazioni tempestive e precise agli apicoltori sulle operazioni da intraprendere, permette di avere riscontri sul campo. E’ collocato nell’azienda agraria di Udine, dunque ci sono sicuramente territori molto più favorevoli, ma i ricercatori si tengono in costante contatto con gli apicoltori regionali e pare che i livelli di produzione siano confermati e fino ad ora si possa parlare di una produzione media che sfiora i 40 chili di miele.

La produzione arriva a 40 chili ad apiario e salvo imprevisti sarà un’ottima annata
“Dato sicuramente buono – conferma Nazzi – se paragonato a quelli registrati in alcune annate. Teniamo conto che la raccolta di miele da melata di metcalfa negli anni migliori permetteva di raggiungere e superare i 50 chili, ma ormai da tempo questo tipo di produzione è calato. Negli anni peggiori, a stento sono stati superati i 20 chili (l’anno scorso la produzione fu inferiore).  L’annata attuale se dovesse continuare così sarebbe buona o addirittura superiore alla media”.

Quanto ai fattori che incidono maggiormente l’esperto conferma che il meteo gioca un ruolo fondamentale: “Prima di tutto la produzione è fortemente influenzata dalle condizioni meteorologiche. Un terzo abbondante del miele prodotto dipende dall’acacia che fiorisce attorno all’inizio di maggio. Se in quel periodo le condizioni sono favorevoli le api lavorano a pieno ritmo, ma se piove o le temperature si abbassano, ovviamente gli alveari riducono l’attività e non resta che sperare nelle fioriture successive. Per esempio, quest’anno non è andata molto bene la produzione basata sul nettare di tarassaco, a causa del freddo che ha provocato una fioritura tardiva e concentrata. Viceversa, acacia, castagno e tiglio hanno fatto ottime fioritura e c’è stato buon tempo. Se le colonie erano in forze hanno potuto raccogliere molto nettare. A inizio anno era stato lanciate grida d’allarme, ma a mio parere erano un po’ premature perché avvenute troppo in anticipo sulle fioriture”.

I fattori di rischio che rendono difficile la vita alle amiche alate
I principali fattori di rischio sono parassiti e patogeni, qualità dell’ambiente e inquinamento: “Se vogliamo che le api producano – afferma Nazzi – servono le piante adatte, ma nella maggior parte del territorio si pratica agricoltura intensiva dove è scomparsa la vegetazione spontanea che in passato permetteva alle api di raccogliere polline. Inoltre, dobbiamo fare i conti con l’inquinamento chimico, prtovocato dalle sostanze usate in agricoltura per combattere gli insetti fitofagi. I pesticidi compresi i prodotti usati dagli apicoltori, producono vari effetti. Per fortuna ci sono norme che servono a garantire una coesistenza pacifica tra agricoltura e apicoltura, come quelle che vietano di fare trattamenti durante la fioritura. Su queste pratiche è bene insistere ed usare il principio di base che, prima di  pensare a curare, non bisogna danneggiare”.

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