Sarà l’Africa a salvare le api? Secondo alcuni studi, le api africane potrebbero offrire una soluzione non solo ai problemi di alimentazione del loro continente, ma anche l’apicoltura nordamericana ed europea. Ma andiamo con ordine.
A partire dagli anni Duemila, si è assistito a una crescente moria delle api in Europa e nel Nord America. Negli Usa, tra il 1947 e il 2005, si è perso il 59% delle colonie di api, mentre in Europa, dal 1985 al 2005, il 25%. Solo in Europa il 9,2% delle 1965 specie di insetti impollinatori sta per estinguersi, mentre un ulteriore 5,2% potrebbe essere minacciato nel prossimo futuro. Tenendo conto che l’80% delle piante esistenti dipende dall’impollinazione delle api, si capisce quanto la portata del fenomeno può essere devastante.
Le cause sono molteplici. Anzitutto gli agenti patogeni che indeboliscono gli insetti e li portano lentamente alla morte. Le api sono poi suscettibili alle sostanze chimiche presenti nell’ambiente. Tra esse i fitosanitari o pesticidi, utilizzati per proteggere i raccolti. Anche i fattori ambientali sono spesso menzionati come cause potenziali della moria. L’apporto di carboidrati (dal nettare), proteine (dal polline) e acqua è importantissimo per garantire tutte le funzioni vitali delle api. Una carenza di questi elementi può indebolire considerevolmente una famiglia.
In Africa vive una specie di ape mellifera più aggressiva, ma anche più resistente. La maggior parte della loro popolazione, stimata di 310 milioni di colonie, è selvaggia e vive in cavità naturali negli alberi o nel terreno. Recenti indagini sulla salute hanno indicato che le popolazioni di api africane sono effettivamente in buona salute.
L’Africa potrebbe quindi beneficio dagli errori commessi altrove, prevenendo i problemi attraverso la protezione delle popolazioni di api. Prima che gli Stati stabiliscano regole e restrizioni, gli apicoltori svolgono un ruolo vitale. Possono aiutare a mantenere in salute le api africane e, da esse, i ricercatori e gli apicoltori possono imparare come conservare l’ape occidentale.
Per questo motivo è utile puntare allo sviluppo dell’apicoltura in Africa. Un settore che, da un lato, può offrire un contributo alla salvaguardia di una specie, l’ape, così fondamentale per l’ecostistema e, dall’altro, può offire un buon nutrimento come il miele e può rappresentare una buona fonte di entrate (anche l’export ha grandi margini se consideriamo che il miele africano rappresenta solo lo 0,4% del miele commerciato nel mondo).
Anche Celim, Ong milanese attiva in Africa, Balcani e Medio Oriente, sta lavorando su questo fronte. In Zambezia, regione tra le più povere del Mozambico, ha dato vita a un progetto di sviluppo che scommette anche sull’apicoltura. I volontari stanno installando arnie per apicoltura e l’avvio di due centri di lavorazione del miele legato alla Cooperativa locale Cizenda Tae. Per questa attività saranno organizzati corsi di formazione a beneficio di 100 apicoltori. In questo modo, il miglioramento del sistema produttivo avrà principalmente benefici economici, ma non solo: migliorerà l’emancipazione sociale, valorizzando al contempo il ruolo e le capacità delle donne. E preserverà le api.