Apicoltura, salviamo la ligustica!

di Matteo Giusti –

Abbiamo intervistato Giovanni Formato, responsabile del settore apicoltura dell’Izs Lazio e Toscana che insieme ad Arsial coordinerà un progetto regionale per la tutela e la salvaguardia dell’Apis mellifera ligustica, sottospecie autoctona a rischio di erosione genetica nel Lazio.

L’Apis mellifera ligustica è una delle quattro sottospecie di ape da miele autoctone presenti sul territorio nazionale, assieme ad A. mellifera mellifera, A. mellifera carnica e A. mellifera siciliana. E tra queste la ligustica è, o forse bisogna iniziare a dire era, la più diffusa essendo presente e allevata sia in Pianura padana, che nella zona peninsulare e in Sardegna.

Descritta agli inizi dell’800 da Massimiliano Spinola, l’Apis mellifera ligustica, o in gergo semplicemente ligustica, è stata considerata tradizionalmente una delle migliori sottospecie di api per l’apicoltura, esportata e allevata in varie parti del mondo.

Oggi però a causa soprattutto dell’importazione di api regine dall’estero e dell’uso di api cosiddette ibride, la purezza genetica di questa sottospecie è a rischio, tanto che nel Lazio è stata inserita tra le specie a rischio di erosione genetica.

E proprio nel Lazio sta partendo un progetto promosso da Arsial e dall’Izs Lazio e Toscana per cercare di fare il punto sullo stato di conservazione di questa sottospecie e avviare delle misure di tutela e conservazione.

E noi abbiamo intervistato Giovanni Formato responsabile della Sezione apicoltura dell’Izs e coordinatore del progetto per farci spiegare meglio cosa verrà fatto.

Giovanni Formato, perché la ligustica è considerata a rischio di erosione genetica nel Lazio?
“L’ape ligustica nel Lazio è considerata a rischio di erosione genetica sia per introduzione di api regine da paesi esteri (in particolare dal Sud America) che per l’introduzione volontaria di ibridi (es. Buckfast) o di api comunque non autoctone (è il caso dell’introduzione dell’ape sicula nel continente). Sebbene vi sia la volontà da parte delle istituzioni di tutelare le razze di ape autoctone, realizzarlo non è facile e spesso sono gli stessi apicoltori a non avere strumenti per verificare se le regine in loro possesso sono di razza ligustica o siciliana, oppure se sono ibridi”.

Giovanni Formato al lavoro in apiario

Quali sono le cause di questa erosione?
“L’erosione è dovuta fondamentalmente alla commercializzazione ed al conseguente spostamento/introduzione sul territorio nazionale di api diverse da quelle che da secoli si sono selezionate in Italia.
Spesso importiamo a fine inverno/inizio primavera, soprattutto dall’Argentina, api regine che trovandosi nell’altra parte dell’emisfero, si trovano a fine stagione apistica e quindi sono già fecondate ed in produzione. Un’altra fonte di erosione è rappresentata dalla importazione dal Centro o dal Nord Europa  di api (compresi i cosiddetti ibridi) che invece sono più adatte a climi più rigidi ed ad ecosistemi, soprattutto vegetazionali, molto diversi dai nostri”.

Quale è oggi lo stato di conservazione della ligustica nel Lazio?
“Il dato di fatto è che oggi la ligustica nel Lazio è a rischio di erosione genetica. Con questo progetto che stiamo mandando avanti con Arsial, vogliamo proprio andare a verificare quanto e dove la ligustica si sta conservando meglio, nel Lazio e non solo. La collaborazione infatti con progetti similari, ad esempio di altre regioni, consentirà di individuare eventuali differenze genetiche di ligustica tra diversi areali geografici, anche molto distanti tra loro”.

Cosa verrà fatto in questo progetto?
“Il progetto, che è condiviso tra Izs Lazio e Toscana ed Arsial (nella figura della dottoressa Maria Teresa Costanza) è organizzato in diverse annualità ed in diverse fasi. Esso prevede  l’approfondimento delle conoscenze sull’ape italiana da realizzare attraverso la ricerca bibliografica; l’esecuzione di rilievi morfometrici e genetici presenti nel territorio regionale. L’obiettivo è quello di disporre di maggiori livelli di conoscenza utili a pianificare l’utilizzo di strategie di conservazione in situ ed ex situ per questa risorsa genetica.
Purtroppo l’emergenza Covid-19 ci ha temporaneamente costretto ad interrompere le attività intraprese, sperando quanto prima di poterle riattivare”.

Oltre alla parte di ricerca, fondamentale per capire la situazione presente, quali azioni di tutela verranno fatte? E come?
“Questo progetto vuol rappresentare un punto di partenza per la tutela dell’ape ligustica. Chiaramente siamo aperti a tutte le sinergie che ci saranno offerte da quanto già esistente sul territorio nazionale per poter sia approfondire insieme, ma anche standardizzare le metodiche di allevamento e selezione, nonché la formazione degli addetti al settore. Per questo speriamo comunque di dare seguito al progetto aiutando le associazioni di apicoltori a procedere autonomamente sui binari attivati dal progetto.

L’Arsial con la l.r. n.15/2000 sulla ‘Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario’, promuove iniziative in difesa della biodiversità. Anche questo rappresenta un punto di partenza per iniziare a tutelare maggiormente gli apicoltori custodi della ligustica.
Vedrei anche bene focalizzare nei diversi bandi orientati allo sviluppo del settore agro-zootecnico (Psr in primis) od agro-ambientale, altre possibilità di finanziamento e supporto su questo tema di tutela dell’ape ligustica”.

Dai dati che ha in suo possesso il problema dell’erosione genetica della ligustica è un problema specifico del Lazio o è rilevante anche in altre regioni?
“Il problema dell’erosione genetica è un problema che prescinde dai confini regionali e che può essere contrastato solo da concrete misure di tutela del patrimonio genetico autoctono.
Ritengo non sia facile contenere l’erosione genetica, anche perché agli apicoltori vanno comunque offerte alternative ugualmente (meglio se maggiormente) performanti. Solo facendo gioco di squadra tra le diverse istituzioni (ne diamo esempio chiaramente come Arsial ed IzsLT), unitamente agli apicoltori si può sperare in un successo. Siamo all’inizio del progetto ma vogliamo certamente continuare a lavorare in questi termini”.

Pensate di esportare questo progetto in altre parti di Italia, magari con la collaborazione di altri Istituti zooprofilattici o del Crea?
“Certamente! Siamo aperti a tutti coloro che dimostreranno interesse alle nostre stesse (o similari) iniziative. Tutte le istituzioni, enti di ricerca, associazioni, sono chiamate a collaborare, unendo le forze. Come già evidenziato, il gioco di squadra è fondamentale per aver successo. Soprattutto in un settore multidisciplinare come quello apistico”.

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