Ritrovamenti archeologici dimostrano che l’apicoltura è un’attività vecchia di almeno 4.000 anni e originaria della Mesopotamia e della fascia siro-palestinese.
Decantata da scrittori e poeti nelle loro opere, l’ape è dipinta come simbolo di unione, di parsimonia, di pulizia e di operosità.
Sin dall’antichità, infatti, essa è stata addomesticata e imitata, pare che gli egizi avessero appreso l’arte dell’imbalsamatura dalle api che svolgono tutt’ora questa operazione con qualsiasi corpo estraneo entri nel loro alveare o apiario, ricoprendolo totalmente con la propoli.
Col tempo molte funzioni cambiavano. Ad esempio nel Medioevo l’apicoltura veniva svolta principalmente dai monaci, che avevano soprattutto la necessità di procurarsi la cera (indispensabile per le candele) e i ceri usati nelle chiese.
In generale, lo sviluppo delle arnie e la diffusione dell’ape nera sicula sono stati favoriti dalla crescita di un’adeguata rete stradale e dei mezzi di trasporto, e da notevoli innovazioni delle tecniche apistiche che modificarono profondamente il comportamento dell’apicoltore, divenuto burattinaio del suo apiario.
In Sicilia, nel territorio di Kamarina (RG), un’importante testimonianza storica è la cosiddetta “fattoria delle api”, risalente al periodo greco.
Diversamente dalle altre, l’ape nera sicula è caratterizzata da un addome scurissimo con peluria giallastra, ali piccole, un carattere abbastanza aggressivo (al contrario di quanto si dice è necessario, infatti, indossare la tuta, i guanti in pelle e la maschera) e una straordinaria capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Esse, infatti, quando c’è freddo si riuniscono in formazione e danno inizio a una danza coordinata, durante la quale si muovono in modo sincronizzato, agitando le ali per creare calore. Col caldo, invece, portano goccioline d’acqua che, una volta cosparse sulle cellette, evaporano e raffreddano la temperatura.
“Ho un’agenda dove appunto tutto ciò che necessita alle api – racconta un orgoglioso apicultore siculo che si definisce dottore dei suoi operosi insetti – sono molto delicate e cerco di fornire loro la giusta ‘medicina’ di cui hanno bisogno”.
Gli apicultori del luogo spiegano che all’interno di un apiario vi sono circa 50.000 api che sono organizzate socialmente.
Vi sono le api operaie che svolgono diversi compiti, tra cui la pulizia dell’apiario, il nutrimento delle larve, la guardia all’ingresso e il bottinaggio, i fuchi (maschi), che sono più grossi, fecondano la regina durante il volo nuziale e l’ape regina, unica femmina fertile dello sciame, che ha il compito di produrre uova e che vive fino a 4-5 anni.
All’interno di ogni apiario vi sono dieci telai, posti a “distanza d’ape” tra loro (7 mm circa) e dall’esterno (telaio di spalletta) verso l’interno si trovano rispettivamente le provviste e poi le covate.
“Allevare api non è semplice – conclude l’apicoltore – ci vuole tempo, passione e dedizione, e chi non sa ‘comunicare’ con loro non farà tanta strada”.
Senza la presenza delle api i nostri prati perderebbero tutti i loro meravigliosi colori e rimarrebbero uniformemente verdi come i prati all’inglese.
Insomma, la produzione del miele, vero e proprio nettare degli dei, non è il solo motivo per cui è importante salvaguardarle, poiché è in gioco qualcosa di molto più grande: l’intero ecosistema.
Natura, ballerine ma anche aggressive le api siciliane: essenziale saper comunicare con loro (VIDEO)