La vita vissuta in città può farci dimenticare il mondo naturale. Le giornate sono cadenzate dall’orologio, la luce è artificiale, siamo protetti dalle intemperie e camminiamo su pavimenti duri e isolanti. Viene da sé che il mondo selvatico è tenuto molto lontano, distante dal caos cittadino. Tuttavia le creature selvatiche ci sono come ci sono sempre state e con la crescita delle città e l’introduzione dell’animale umano tali creature hanno trovato diverse modalità e luoghi in cui vivere e adattarsi alla vita nelle città invase dall’uomo. Lo stesso hanno fatto le api.
Quando l’uomo ha abbattuto alberi per edificare, le api hanno dovuto trovare altre sistemazioni e si sono insediate in canne fumarie, cavità dei muri, sottotetti etc. Fin da quando ci sono state le città ci sono state api cittadine.
Allevare un’arnia nel centro di una città è uno dei pochi modi per mantenere una connessione con il mondo naturale. A differenza di quanto si possa comunemente pensare, l’apicoltura di città si sta dimostrando la più adatta alle esigenze delle api grazie ad una maggior varietà di alberi e fiori e una minor presenza di pesticidi.
Si può quindi affermare che l’apicoltura urbana sia una risposta alla fuga delle api dalla campagna mostrando come, l’apicoltura, da semplice attività agricola finalizzata al profitto, abbia assunto una dimensione sociale di educazione ambientale, aggregazione e inclusione, riqualificazione urbana e biomonitoraggio che utilizza gli apiari cittadini come stazioni di misurazione di sostanze inquinanti nell’aria.
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