L’incremento dei prezzi del miele italiano è di circa il 15% rispetto al 2016, rileva il Conapi (Consorzio Nazionale Apicoltori): colpa soprattutto della siccità al Nord. Crisi grave soprattutto per il miele di acacia e il millefiori. E si teme per la concorrenza estera e le frodi.
C’è meno miele italiano in vendita nei supermercati. Ma costa di più, in media con un rincaro del 15% rispetto al 2016: in sostanza si tratta della «peggiore annata della storia», rilevano gli esperti del Conapi, il Consorzio Nazionale Apicoltori. Colpa sopratutto della siccità dei mesi scorsi che non ha dato scampo alle api per lo più nelle regioni del Centro Nord. Sono le prime stime, elaborate dal Conapi, della campagna che si chiuderà a fine novembre.
Dal borsino dei diversi tipi di miele, il più colpito è quello di acacia, il più pregiato e più richiesto. I 275 mila kg prodotti nel 2016 quest’anno sono diventati 198 mila, con un calo di quasi il 30%. Le produzioni medie per arnia passano da 21 kg del 2015, a 7 kg del 2016 al minimo storico di quest’anno di 5 kg. Un crollo che va a colpire i redditi degli apicultori, spesso piccolissimi operatori. Alle circa 20 mila Partite Iva che fanno il mercato, si aggiungono 23 mila produttori per autoconsumo.
«Una situazione disastrosa che ci accomuna a tutte le produzioni del bacino mediterraneo – precisa il presidente del Conapi, Diego Pagani – ma l’Italia ha un asso nella manica, perché insieme a Grecia e Cipro abbiamo l’obbligo di indicare in etichetta il paese di origine di produzione, che sta aiutando a tenere i prezzi e a tenere lontani gli agropirati; in questa situazione, infatti, temiamo un incremento delle frodi».