Bee my job, apicoltura con rifugiati per l’integrazione

Da migranti ad apicoltori. “Bee my job” è un progetto di apicoltura urbana e sociale con la quale rifugiati e richiedenti asilo hanno l’opportunità di imparare un mestiere, incontrare i cittadini italiani e integrarsi attraverso il lavoro. L’iniziativa è portata avanti nel comune di Alessandria dall’associazione di promozione sociale Cambalache e coinvolge i migranti ospiti dei centri di accoglienza del comune e i soggetti vulnerabili aiutati dai progetti di Caritas e servizi sociali. L’obiettivo di Cambalache è “rispondere alle esigenze concrete dei migranti ospitati, per promuovere un’integrazione sociale, economica e abitativa”, ha spiegato all’Ansa Mara Alacqua, presidente di Cambalache. Bee my job è stato ideato nel 2014, perché “abbiamo identificato nell’apicultura un settore in attivo, con richiesta di manodopera, che offre una stagione di lavoro lunga”. Un progetto “che mette insieme due mondi: le persone in accoglienza e il mondo agricolo”.

Bee my job negli ultimi 3 anni ha permesso la formazione professionale con tecnici settore apistico, insieme a percorsi complementari di potenziamento linguistico e sicurezza sul lavoro. “Dal 2015 a oggi sono stati formati 65 nuovi apicoltori”, sottolinea Alacqua. “Promuoviamo l’inserimento nelle aziende apistiche e agricole nazionali e abbiamo attivato 44 tirocini in questi anni. Oggi 4-5 persone si sono create un posto di lavoro fisso all’interno di un’azienda”. Dal 2015 il progetto porta avanti un apiario urbano situato nel parco Forte Acqui di Alessandria. “Oltre all’integrazione economica ci interessava promuovere l’integrazione sociale”, spiega la presidente di Cambalache. Il ricavato del miele prodotto nell’apiario contribuisce ai costi del progetto. “È un luogo utile alla formazione e per l’incontro tra richiedenti asilo e cittadini: realizziamo attività con scuole, gruppi scout, giovani”.

La cittadinanza “scopre il mondo dell’accoglienza e delle migrazioni con un approccio basato sulle api”. Abdoul, rifugiato senegalese, sta realizzando un tirocinio con l’associazione e lavora nell’apiario e nell’orto urbano del progetto. È in Italia da un anno e 9 mesi. “Ho fatto un viaggio molto difficile attraversando l’Africa e il Mediterraneo. Sono stato in Libia, ho fatto 2 mesi di prigione”, racconta. “Non si può spiegare a parole che cosa significa”. Nel suo Paese era un elettricista, e oggi Abdoul sta imparando il mestiere dell’agricoltore e dell’apicoltore. L’associazione lo sta accompagnando nella creazione di un’impresa agricola sociale gestita da richiedenti asilo. “La formazione è una cosa molto importante, per il lavoro ma anche per conoscere gli altri”. I migranti “sono interessati a fare il corso, per imparare cose nuove. Ora sono contenti e lavorano, come me”.

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