di Matteo Giusti –
Uno studio del centro di referenza nazionale per l’apicoltura dell’Izs delle Venezie ha messo a punto un metodo di analisi molto accurato per valutare la presenza nei mieli di queste tossine naturali derivanti dalle piante.
Il miele è uno degli alimenti considerati salutistici per antonomasia, o per lo meno nell’opinione comune associato alla genuinità e alla salubrità.
Tuttavia alcuni mieli possono contenere sostanze indesiderate, come gli alcaloidi, composti potenzialmente nocivi, anche se totalmente naturali, derivanti dalle piante su cui hanno pascolato le api.
Gli alcaloidi sono tossine naturali sintetizzate da molte famiglie di piante per difendersi dagli erbivori, intendendo con erbivori sia i grandi mammiferi come ovini e bovini, sia insetti o nematodi parassiti delle piante stesse.
E l’Efsa, l’European food safety authority, l’autorità europea per la sicurezza alimentare, recentemente sta prestando molta attenzione alla presenza degli alcaloidi nei cibi, concentrandosi soprattutto su due tipologie di alcaloidi: gli alcaloidi pirrolizidinici e gli alcaloidi tropanici.
Sono moltissime le piante che producono queste sostanze, oltre 6.000 specie, appartenenti anche a famiglie botaniche normalmente usate per l’alimentazione come le leguminose, le asteracee e le borraginacee, e possono ritrovarsi in vari alimenti come carne, uova e latticini, anche se ovviamente è molto più alta la probabilità di trovarli con alte concentrazioni in prodotti vegetali, in particolare in erbe usate per la preparazione di infusi e tisane.
Il rischio legato a questi alcaloidi è soprattutto quello di intossicazioni acuteo subacute, in alcuni casi anche gravi. Ovviamente per intossicarsi bisogna assumerne una quantità piuttosto elevata, anche se nel caso degli alcaloidi pirrolizidinici si possono avere anche effetti cronici per assunzioni prolungate di quantità anche non eccessivamente alte.
L’Efsa ha fissato quindi delle concentrazioni massime di alcaloidi nei cibi – nello specifico di due alcaloidi: la atropina e la scopolamina – che vanno da 10 μg/kg per le materie prime agricole, gli ingredienti, gli integratori alimentari e le tisane, e preferibilmente inferiore a 2 μg/kg per i prodotti alimentari finiti (come i cereali da colazione) e 1 μg/kg per gli alimenti a base di cereali per lattanti e bambini.
E tra gli alimenti che possono contenere questi alcaloidi, come si è detto, c’è anche il miele, a seconda delle piante su cui hanno bottinato le api.
Ora uno studio realizzato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie ha messo a punto e validato un metodo per la ricerca di questi alcaloidi nei mieli, sui quali ancora abbiamo scarse conoscenze.
La ricerca è stata condotta dal Centro di referenza nazionale per l’apicoltura in collaborazione con il laboratorio residui e farmaci dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e i risultati sono stati pubblicatisulla rivista internazionale Food Chemistry.
Il metodo di analisi si basa sull’uso congiunto di cromatografia liquida e spettrometria di massa che ha mostrato una sensibilità molto elevata tale da riuscire a rilevare concentrazione minime di 0,5 μg/Kg, cioè di 0,5 milionesimi di grammo di alcaloide su un chilogrammo di miele.
Il metodo sviluppato è stato applicato a 40 mieli commerciali, etichettati come mieli di acacia o millefiori.
Da sottolineare anche che in questo studio è stata fatta per la prima volta la ricerca degli alcaloidi tropanici nel miele, sostanze che prima non erano mai state ricercate in questo alimento.
Le analisi hanno rilevato la presenza di queste tossine nel 70% dei campionianalizzati, un dato che tuttavia non deve essere considerato allarmante.
Infatti soltanto 2 campioni contenenti alcaloidi pirrolizidinici e 5 con alcaloidi tropanici, quindi in totale solo 7 campioni, risulterebbero eccederele concentrazioni massime suggerite per i prodotti alimentari finiti, ovvero 1 μg/kg.
Il miele quindi è da considerare meno sicuro o salutare? No, anzi ora abbiamo uno strumento in più per valutarne la qualità e la sicurezza.