Apicoltore arzaghese lancia l’allarme: “Prima il freddo, poi l’afa: che disastro per il mio miele”

In Lombardia la produzione di miele è calata del 30%, nel cremonese sino al 50% e il problema tocca anche i produttori bergamaschi.

La produzione di miele, tra giugno e luglio, è calata del 30% in Lombardia e sino al 50% nel cremonese. L’allarme però tocca paesi della bergamasca, come Arzago d’Adda.

Apicultura in crisi, l’allarme dei produttori
Apicoltura in crisi, l’allarme arriva da Esterina Mariotti, presidente dell’Associazione Produttori Apistici di Cremona, realtà che in provincia raccoglie 160 soci e un patrimonio di  migliaia di alveari.
“Per la nostra apicoltura è un anno da dimenticare. Abbiamo chiesto lo stato di calamità. Già tra maggio e giugno abbiamo evidenziato un pesante calo nella produzione di miele, unito a preoccupanti danni sulla salute e lo sviluppo delle famiglie di api. Per mieli come acacia e tarassaco potevamo parlare di una riduzione di produzione della metà. Ancora più alta, direi -70%, la perdita per il tiglio. Ora si aggiunge l’azzeramento della produzione di millefiori. Non si è perso solo il miele, quella che è venuta meno è anche la capacità produttiva delle api. Abbiamo stimato un danno nello sviluppo delle famiglie quantificabile in almeno 100 euro ad alveare. Il dato è che, a causa del clima, altalenante in primavera e poi caldissimo adesso, le ‘famiglie’ di api si sono rovinate, non sono più in grado di produrre la quantità di miele di una stagione normale”.

I numeri del settore in Lombardia
Nel complesso la Lombardia conta 5.088 apicoltori, che gestiscono oltre 143mila alveari, per una popolazione stimata di oltre 4 miliardi di api. E se la media regionale è di 28 alveari per allevatore, a Pavia la media sale a 53 mentre a Monza Brianza scende fino a 16. Il record di provincia più apicola per numero di alveari spetta a Varese con 21.026 “case del miele”, Bergamo è al terzo posto con 19.347.  Il primo posto per numero di “pastori delle api” spetta a Brescia con 981 operatori, Bergamo è seconda e ne conta 748. In provincia di Cremona operano 212 apicoltori, con un patrimonio di 5.118 alveari.
“Dopo le gelate di primavera, adesso oltre 5mila apicoltori dei nostri territori devono fare fronte a temperature africane che, soprattutto in pianura, stanno facendo seccare i fiori spontanei togliendo risorse e nutrimento alle api. A fine stagione in Lombardia rischiamo di avere 500 tonnellate in meno di miele e di prodotti dell’alveare rispetto alle 1.700 tonnellate delle annate normali”, spiega Ettore Prandini, Presidente della Coldiretti regionale.

La testimonianza dei produttori
Il polso della crisi nelle parole degli operatori del settore. “Dopo il freddo di inizio stagione è arrivato il caldo torrido a dare il colpo di grazia – spiega Irvano Fortini, apicoltore di Arzago D’Adda con 800 alveari – Le alte temperature e la scarsità di precipitazioni  nelle zone di pianura hanno compromesso la produzione di miele, in particolare di acacia e millefiori. Siamo riusciti a recuperare qualcosa con le fioriture di castagno, rododendro e tiglio in montagna dove il caldo si è sentito meno”.
“In trent’anni di lavoro ne ho viste di estati calde e secche, ma come questa mai – racconta Stefano Andreazza, apicoltore di Parabiago – Abbiamo già perso circa la metà del raccolto del millefiori estivo e adesso la situazione è drammatica: con questo secco i prati sono bruciati, non ci sono fiori e le api non riescono a trovare il nutrimento, soprattutto nelle zone di pianura. Senza le giuste scorte di cibo si indeboliscono, le covate rallentano o si bloccano e quando arriverà l’inverno molte api saranno così debilitate che non riusciranno a sopravvivere”.

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