“Bee My Job”: il progetto è protagonista di una mostra fotografica e di un cortometraggio

Durante il corso di formazione in apicoltura e agricoltura biologica il fotografo Daniele Robotti ha realizzato una serie di scatti dei partecipanti e dei loro insegnanti al lavoro. Il documentario di Due Otto Film mette in luce i diversi aspetti di questa esperienza: la conoscenza del territorio, l’integrazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo e il rispetto della natura.

“Per noi di Aps Cambalache, Bee My Job vuol dire tante cose. Significa opportunità, lavoro, soddisfazione, amicizia, fatica, incontro. Abbiamo sentito il bisogno di trovare il modo giusto per raccontare tutto questo, perché nella nostra associazione il valore si crea attraverso la condivisione con gli altri”. Bee My Job è un progetto di apicoltura urbana e sociale rivolto ai rifugiati e ai richiedenti asilo accolti dall’associazione Cambalache e inseriti nel progetto Sprar del Comune di Alessandria, a cui da quest’anno hanno avuto accesso anche soggetti svantaggiati individuati dal Cissaca e dalla Cooperativa Sociale Coompany&.

Due incontri sono stati fondamentali per capire che le persone che ruotano intorno a Bee My Job sono i protagonisti di una storia da far conoscere. Il primo con il fotografo alessandrino Daniele Robotti, il secondo con la casa di produzione milanese Due Otto Film.

La scorsa primavera, durante il corso di formazione in apicoltura e agricoltura biologica previsto dal progetto Bee My Job dell’associazione di promozione sociale Cambalache, il fotografo alessandrino Daniele Robotti e i suoi collaboratori hanno realizzato una serie di scatti degli apicoltori e dei loro insegnanti al lavoro. I volti, le api, gli attrezzi del mestiere, l’apiario urbano al Forte Acqui fanno ora parte di una mostra fotografica che già esposta durante la Festa di Borgo Rovereto. Il progetto fotografico, però, è itinerante e sarà allestito in diversi eventi legati al mondo della migrazione, tra cui il Festival dell’Oralità Popolare che si terrà a novembre a Torino.

Grazie all’interessamento di Francesco Panella, titolare dell’azienda Apiari degli Speziali. per 20 anni alla guida di Unaapi (Uniona Nazionale Associazioni Apicoltori italiani), e degli altri apicoltori coinvolti nel progetto, è nata invece l’idea di raccontare Bee My Job attraverso un breve documentario che potesse mettere in luce i diversi aspetti di questa esperienza: la conoscenza del territorio, l’integrazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo e il rispetto della natura.

Elena Brunello (produttrice e autrice del soggetto), Paolo Caselli (regista) e Francesco Ferri (direttore della fotografia) di Due Otto Film avevano già lavorato a soggetti che raccontavano storie di profughi, di guerre e realtà difficili da cui fuggire e hanno accolto con professionalità ed entusiasmo questa sfida. Bee my Job va in scena attraverso la storia vera di Abdul, rifugiato senegalese proveniente da una famiglia contadina, che ad Alessandria ha saputo ricostruire un rapporto con la terra e con le api per riuscire, dopo fatica e sofferenza, a immaginare di nuovo il suo futuro. Il documentario gioca sulla similitudine tra l’importanza, profonda e simbolica, di uno sciame d’api per l’equilibrio dell’ecosistema e la necessità di lasciare spazio alle contaminazioni culturali, di accogliere chi fugge da guerre, chi è minacciato da sistemi fragili e pericolosi esattamente come le api lo sono dall’ambiente che l’uomo ha inquinato.  Accanto ad Abdul, nel documentario appaiono altri personaggi “satellite” che spiegano come funziona il lavoro dell’apicoltore, l’affascinante mondo che si nasconde in un alveare, che fanno riflettere sulla necessità di cambiare direzione, di rispettare gli uomini e la natura.

“Quando il proprio habitat naturale è attaccato da agenti esterni, si può ricominciare a vivere in ambienti diversi. Questo vale per le api come per gli uomini. Prendersene cura è compito nostro. Questa è l’idea che ci ha fatto un po’ innamorare del progetto – spiegano dalla casa di produzione – Abbiamo cercato il modo di fondere le storie che ci venivano raccontate con l’estetica delle immagini. Preziosa è stata collaborazione dei ragazzi di Cambalache, senza la cui pazienza ed entusiasmo non avremmo mai lavorato così proficuamente. Abbiamo incontrato una realtà profonda, fatta di persone e storie vere”.

A settembre, come di consueto, Cambalache riprenderà le attività di apididattica per le scuole e i gruppi associativi della città. Alle lezioni e alle attività pratiche gestite dai richiedenti asilo nell’apiario urbano al Forte Acqui, si aggiunge la possibilità di organizzare proiezioni del documentario.

“Oltre che a tutti i professionisti coinvolti, i nostri ringraziamenti vanno ad Abdul Sane, Francesco Panella, Stefania Tavarone, alla famiglia Veneroni, Silvana Ravera, Michele Tagliabue e agli apicoltori che hanno promosso l’iniziativa” concludono da Cambalache.

Per informazioni: www.cambalache.it, www.beemyjob.it, www.dueottofilm.com, www.robotti.it.
Per organizzare proiezioni o allestimento mostra fotografica:
mara.alacqua@cambalache.it
comunicazione@cambalache.it

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