“In missione” da Biella all’Africa per rilanciare l’economia locale con l’apicoltura

Rilanciare l’economia dei piccoli villaggi africani attraverso l’apicoltura. È questo ciò che hanno fatto e continuano a fare Dario Monteferrario e Alessandro Castello, apicoltori biellesi che da quattro anni promuovono il progetto in alcune zone dell’Uganda.

Tutto nasce nel 2014 quando la compagna di Alessandro, Laura Gorni, si trovava in India per formare dei ragazzi del terzo mondo così da indirizzarli a creare delle attività economiche. La stessa conobbe Simon Ojok, che nonostante la sua disabilità visiva, ha mostrato di avere una mente brillante ed un progetto chiaro: sviluppare un’apicoltura produttiva e redditizia a livello economico dando lavoro a persone con difficoltà simili alle sue nella propria terra natale, l’Uganda. “Un Paese – dichiara Alessandro a Newsbiella –  in cui l’apicoltura è stata una tradizione che si è persa negli ultimi anni a causa di guerre civili ed epidemie: nonostante presenti una ricca vegetazione e sia un luogo ideale per questa attività, le possibilità di sviluppo si sono ridotte nel tempo”.

Quell’anno, Laura decise di seguirlo e di fargli da “tutor”. Nel tempo il progetto venne quindi pubblicizzato al fine di raccogliere fondi per comprare il materiale occorrente e, nel 2017, fu ritenuto così avvincente da classificarsi tra i primi tre vincitori dell’Holman Prize, ricevendo un finanziamento di 25mila dollari da una fondazione americana denominata “Lighthouse for the blind and visually impaired”. Nel frattempo, i due biellesi si unirono all’associazione Hive Uganda, fondata da Ojok insieme ad altri tre promotori: Ojok Patrick Angala, Bongomin William e Adong Concy Grace. “Grazie alla somma di denaro ricevuta dalla società americana – spiegano Dario e Alessandro a Newsbiella – siamo riusciti ad acquistare il materiale e i macchinari in Europa e in Italia, siccome in Africa sarebbe stato più difficile reperirli. A quel punto abbiamo deciso di recarci per la prima volta in Uganda, in una zona al confine con il Sudan, dove abbiamo confrontato la nostra esperienza di apicoltori con la loro, unendo i nostri saperi e iniziando l’attività attraverso le attrezzature che avevamo comprato”. Insieme hanno installato diverse arnie attirando l’attenzione delle api locali che, in poco tempo, hanno iniziato naturalmente la loro produzione in esse.

“Gli imenotteri africani – aggiunge Alessandro – sono però più difficili da allevare proprio perché la loro stessa indole richiede un maggiore sforzo da parte degli apicoltori, che devono essere più cauti e attenti soprattutto durante la raccolta. Ci siamo guardati molto dal far entrare in contatto le api italiane con quelle africane, a causa dei troppi pericoli in cui si sarebbe potuti incorrere, come accadde in sud America con la creazione di un ibrido, l’ape killer, che tutt’oggi rappresenta un grande pericolo per i cittadini di quelle terre”.

Nel corso degli anni, l’attività è incrementata e ha coinvolto quaranta persone cieche e con disabilità visive, fino a permettere un reddito agli abitanti del luogo, che riescono a vivere grazie al miele prodotto, di buon valore e ricavato più frequentemente rispetto a quello biellese. Questa collaborazione ha permesso inoltre che si producesse anche un altro materiale: “Inizialmente – afferma Daniele -, i lavoratori gettavano la cera perché la ritenevano uno scarto, ma noi abbiamo mostrato loro come recuperare ed utilizzare al meglio anche questo prodotto. Lavorando nei loro laboratori, abbiamo creato una cera biologica che viene distribuita ai mercati attorno e che potrebbe essere un’opportunità di commercio con l’Europa, dove è molto richiesta. Il nostro obiettivo è proprio quello di riuscire ad importare oltremare questa cera biologica, che in questo periodo abbiamo mandato ad analizzare per verificarne la regolarità secondo gli standard europei”.

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