Le api sono una medicina per la salute delle persone e per la tutela dell’ambiente

di Sergio Peirone –

Abbiamo parlato di apicoltura con la presidente e i tecnici di Aspromiele, Lidia Agnello, Marco Bergero ed Ermanno Giordanengo. L’Associazione rappresenta 2500 operatori piemontesi del settore.

Se c’è un mondo ordinato, con regole precise, dove tutti sanno cosa devono fare è quello delle api. Un meccanismo sempre perfetto, anche se dall’esterno pare il regno della confusione totale. In un alveare, attorno all’ape regina, lavorano 50-60.000 operaie durante la stagione produttiva, che diventano 15-20.000 nel periodo invernale di “riposo”.

L’attività delle api fa bene alla salute delle persone grazie soprattutto alla produzione del miele, ma pure del polline, della pappa reale e della propoli. Inoltre, l’azione del prezioso insetto è fondamentale per la tutela dell’ambiente, della natura e il mantenimento della biodiversità.

Sono alcuni dei concetti più importanti emersi durante la chiacchierata con gli esponenti di Aspromiele: la presidente Lidia Agnello, apicoltrice di Demonte, in valle Stura, e i tecnici, Marco Bergero ed Ermanno Giordanengo. Aspromiele è un associazione, nata nel 1985 dai Consorzi provinciali e riconosciuta dalla Regione l’anno dopo, che rappresenta 2500 apicoltori del Piemonte: 1100 professionisti titolari di un’azienda e i restanti impegnati nell’attività a livello amatoriale. Costituiscono il 53% di quanti operano nel settore sul territorio regionale. In provincia di Cuneo, in totale, le adesioni toccano la quota del migliaio.

Un altro dato identificativo importante del comparto è costituito dagli alveari: quelli dei soci Aspromiele arrivano a 175.610: il 75% dell’intero patrimonio piemontese. Gli uffici e i punti di recapito dell’Associazione, oltre a quello nel capoluogo della “Granda”, sono dislocati nelle zone di Alessandria; Asti; Novara; Torino Sud; Torino Nord, Biella, Casale e Verbano, Cusio, Ossola.

Un’attività apistica professionale, per potersi sostenere economicamente, deve far uscire da ogni alveare una media di 30-40 chilogrammi di miele all’anno. Anche se la produzione è molto condizionata dalle variabili meteorologiche.

“L’obiettivo di Aspromiele – spiega la presidente Agnello – è quello di promuovere la crescita delle capacità imprenditoriali delle aziende del settore, favorendo la condivisione delle conoscenze. Solo rendendo disponibili a tutti, apicoltori professionisti e amatoriali, i segreti del mestiere è possibile costruire un patrimonio comune necessario ad assicurare la tutela delle api nel presente e in futuro. Infatti, essendo un mondo delicato e caratteristico, anche chi svolge l’attività per diletto personale deve avere la preparazione adeguata. Di conseguenza, come Associazione forniamo assistenza tecnica, organizziamo corsi formativi e prove di campo e divulghiamo, attraverso la nostra rivista “l’apis”, articoli di approfondimento sulle più diverse tematiche del settore”.

Da un paio di anni è stata introdotta a livello nazionale l’anagrafe apistica, poi gestita dalle regioni. E’ utile? “Anche se costituisce un adempimento ulteriore per gli apicoltori,  serve ad avere un quadro della situazione reale presente sul territorio come il numero degli alveari e dove sono collocati. Inoltre, le risorse pubbliche vengono distribuite in base a questi dati. Il Piemonte è la seconda regione italiana come consistenza di alveari”.

COSA PRODUCONO LE API?

Ce lo raccontano i tecnici Bergero e Giordanengo. Il prodotto più conosciuto è il miele: un alimento molto importante perché ha numerose proprietà benefiche per la salute delle persone ed è il risultato della trasformazione, nell’alveare, di quanto è stato raccolto all’esterno. Ne esistono di due tipi: il nettarifero legato alle fioriture e quello delle melate, che sono zuccheri espulsi da altri insetti. Una parte del miele serve per il mantenimento delle api. La produzione in più viene raccolta dall’apicoltore attraverso il melario posizionato nella parte superiore dell’alveare. Il percorso avviene diverse volte durante l’anno. I mieli più diffusi sono gli uni-floreali: in Italia una quarantina. In Piemonte ci sono quelli di ciliegio, tarassaco, acacia, castagno, ailanto, rododendro e, poi, il millefiori. Le melate, invece, possono essere di bosco o di abete.

La pappa reale è una produzione interna all’alveare ed è un importante integratore alimentare per le persone, ma serve all’ape regina per ottenere il sostegno alimentare necessario a mandare avanti la colonia.

La propoli viene raccolta all’esterno ed è un valido antibiotico naturale.

Anche il polline si preleva sui fiori: fornisce proteine ed è ricco di aminoacidi essenziali. Si tratta di un alimento completo che migliora l’aspetto nutrizionale di quanto mangiamo.

LA QUALITA’ DEL MIELE

“Come Aspromiele – dice Agnello – sull’aspetto della qualità abbiamo lavorato molto negli ultimi anni. A livello di alveare si mette una rete per separare il nido della regina e i melari posti sopra, in modo che il miele non prenda il sapore della covata. Poi, stiamo puntando sempre di più a produrre mieli uni-floreali rispondenti a quanto previsto dalle caratteristiche riportate in apposite schede”.

L’ASPETTO AMBIENTALE

Se i prodotti delle api sono importanti per la salute dell’uomo altrettanto essenziale è il loro lavoro svolto a favore della tutela dell’ambiente. “Le api – affermano i tecnici Bergero e Giordanengo – svolgono inconsapevolmente l’attività di impollinazione, senza la quale le piante non porterebbero frutti. Si tratta di un’opera gratuita, quantificabile in miliardi di euro. La loro presenza garantisce la biodiversità del territorio”.

I PROBLEMI DEL SETTORE

“Ultimamente – sottolinea Agnello – quello più difficile da affrontare è legato ai cambiamenti climatici. Le gelate o i caldi precoci in primavera e la siccità estiva sono devastanti per il lavoro delle api. Lo scorso anno abbiamo avuto una produzione molto bassa”.

I pesticidi? “In alcune zone, dove è subentrata una cultura rispettosa dell’ambiente, la situazione è migliorata e le api riescono a convivere con il sistema che le circonda. In altre aree, dove ancora questa mentalità non ha preso piede, l’apicoltore, spesso, è costretto a portare via gli alveari perché altrimenti i “suoi” insetti muoiono. In questo periodo i problemi maggiori li danno i noccioleti, dove si deve combattere la cimice asiatica”.

Gli agricoltori, in questo caso, sono l’altra parte della sponda ma devono rendersi conto dello straordinario lavoro svolto dalle api anche a vantaggio delle loro produzioni. Come è il vostro rapporto? “Negli anni recenti si è cercato una collaborazione, in quanto, dopo gli scontri del passato, abbiamo compreso tutti che continuare a contrapporci non era la condizione migliore per trovare delle soluzioni. Per questo motivo si fanno degli incontri periodici con la cooperativa Piemonte Miele e le organizzazioni agricole. La strada è ancora lunga ma, ora, ci sono le condizioni per trovare delle intese”.

In quest’ottica, Aspromiele ha iniziato un percorso interessante non solo per agli apicoltori ma anche per la salvaguardia dell’ambiente. “Si è iniziato – afferma Bergero – sotto forma di sperimentazione, il monitoraggio ambientale sistemando due stazioni di controllo nell’Astigiano, che è una zona critica. L’ape è un eccellente bioindicatore. Analizzando ciò che porta nell’alveare si capisce cosa c’è nell’ambiente. Abbiamo portato i dati al settore fitosanitario regionale, chiedendo che fossero tenuti in considerazione. Inoltre, c’è stata la richiesta di un aiuto per ampliare la rete di monitoraggio così da poterci confrontare attraverso ulteriori numeri”.

In conclusione? “Siamo consapevoli che non si possono mettere al bando tutte le sostanze chimiche in quanto l’agricoltura non potrebbe sostenersi. Però, attraverso la collaborazione con le strutture regionali, in particolare il Centro di ricerca Agrion, si sta muovendo un sistema organizzato per far sì che l’apicoltura venga considerata al pari degli altri comparti agricoli. Al contrario del passato quando, invece, veniva vista come marginale”.

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