“Le api hanno le loro regole e una rigida struttura sociale che si combina con un ottimo orientamento: salvo casi fuori dall’ordinario un’ape tornerà sempre alla propria arnia, a qualunque costo” queste sono le parole di Vito, apicoltore per passione che ci introduce all’apicoltura svelandocene alcune curiosità.
Tra i castagni di una radura di Miane, mentre Vito indossa e si munisce di tutti i dispositivi di sicurezza, scopriamo che una famiglia corposa può facilmente arrivare a contare 90 mila api, ma che in ogni arnia c’è sempre solo una regina: “Tra il nucleo centrale e i melari c’è una sorta di grata con le maglie sottili, che permette alle api di entrare nel nucleo ma non lascia uscire la regina, che diversamente andrebbe a deporre le uova nei reparti dedicati al miele inficiando tutta la produzione”.
La regina si riconosce da un colore che ogni anno i tecnici apistici assegnano loro per riconoscerne l’anno di nascita e il 2020 è l’anno del blu.
Ma come si gestisce un’arnia e come si ottiene il prezioso miele? Vito racconta che i procedimenti sono molto precisi: “Il fai da te non premia, non si smette mai di imparare in questo settore. Bisogna attenersi a regole importanti che garantiscano la sopravvivenza della famiglia anche per l’anno successivo”.
È noto nel mondo dell’apicoltura, infatti, che questi animali non temono solo le azioni distruttive dell’uomo, ma hanno anche dei nemici naturali, dei parassiti per la precisione, che decimano le piccole produttrici di miele a meno che non vengano sottoposte regolarmente a dei trattamenti specifici.
“Una volta terminato periodo della fioritura, che si spera essere sempre generoso, le api avranno prodotto un buon quantitativo di miele, creando e sigillando delle piccole celle che ne preservano l’umidità e la consistenza. A questo punto – continua Vito – arriva il momento più soddisfacente per un apicoltore: quantificare la produzione e praticare la “smielatura”.
I melari vengono quindi estratti dall’arnia e fatti passare per una centrifuga che raccoglie tutto il miele prodotto: da lì si isolano le impurità e poi finalmente è possibile invasare il nettare, rubandone facilmente qualche cucchiaiata!
Per avvicinarsi a questo genere di attività è fondamentale essere degli appassionati: come racconta Vito, non è un hobby da prendere sotto gamba. Ogni apiario è identificato da un codice che ne registra i dati come una sorta di anagrafe e l’apicoltore non viene mai lasciato a se stesso dall’associazione di riferimento, ossia l’Apat (federazione apicoltori italiani).
“È un lavoro lungo e serve costanza e precisione ma il premio vale ogni sforzo. È stata una sfida, ma penso di aver intrapreso la strada giusta”.