di AMIRA ABDEL SHAHID AHMED IBRAHIM –
Il problema della moria delle api affigge tutto il mondo, e i pericoli per il delicato equilibrio dell’ecosistema -in parte già compromesso- sono davvero ampi. Tra il 2007 ed il 2009 le zone rurali si sono svuotate in favore di quelle urbane e, di pari passo, negli stessi anni è iniziato il lento, ma progressivo, spopolamento degli alveari.
Le cause di questo fenomeno sono diverse: oltre alle infestazioni parassitarie e gravi malattie, vi sono il cambiamento dell’uso e dello sfruttamento del suolo e l’abuso di pesticidi che minaccia gravemente la biodiversità. A patire maggiormente le conseguenze di questo fenomeno, ovviamente, sono le regioni produttrici di miele tra cui il Campeche e lo Yukatan.
La produzione di miele in Messico: un’antica tradizione risalente ai Maya
La penisola dello Yucatan è per tradizione un’importante regione produttrice di miele riconosciuta in tutto il mondo: il 95% della sua produzione è destinata al mercato internazionale. Il miele proveniente da questa regione è molto richiesto in Europa e Stati Uniti per le sue caratteristiche e qualità.
Gli stati dello Yucatan, Campeche e Quintana Roo sono tradizionalmente produttori di miele dai Maya, che in vari codici, giunti fino ai giorni nostri, menzionano l’importanza di questa attività. Lo stato di Campeche occupa il secondo posto in produzione rispetto agli altri due stati produttori della Penisola; qui la produzione di miele è una delle attività più importanti per i benefici socioeconomici che apporta alla popolazione. Quasi 4.500 famiglie dipendono da essa, la maggior parte delle quali provenienti dal settore sociale rurale.
Da un punto di vista ambientale, l’apicoltura è stata fondamentale per la conservazione della biodiversità poiché le api in volo impollinano innumerevoli piante.
La scomparsa delle api, ed il conseguente declino dell’apicoltura che da diversi anni affligge non solo lo stato del Campeche, ma tutto il globo è una seria minaccia per il nostro ecosistema.
Ma quali sono le conseguenze di questo disastroso fenomeno?
Il ruolo che rivestono le api nel nostro ecosistema è centrale: fanno un inestimabile lavoro di impollinazione, sono dei veri e propri agenti di biodiversità. Le piante che sopravvivono grazie all’impollinazione resa possibile dagli insetti sono circa il 90% di quelle selvatiche ed il75% di quelle commestibili. Se le api si estinguessero ne risentirebbe anche il nostro nutrimento quotidiano: la produzione di carne e dei prodotti derivanti dal latte subirebbe uno shock significativo in quanto molte piante foraggere -utilizzate per nutrire animali da allevamento- sono impollinate dalle api.
I dati però non sono confortanti: negli ultimi anni sono scomparsi dieci milioni di alveari nel mondo, di cui 200.000 solo in Italia; mentre una ricerca condotta dall’Unione internazionale per la conservazione della natura ha fatto emergere che quasi il 10% degli impollinatori selvatici europei sono a rischio estinzione.
Quali sono le cause della decimazione di questi insetti così preziosi?
Tra i fattori che influenzano negativamente la sopravvivenza delle api ci sono alcune persistenti malattia. Tra queste l’acaro varroa, scoperto nelle Filippine negli anni ’70 ed arrivato in Messico negli anni ’90, che entra nelle cellule delle api quando sono ancora delle uova e, nel corso dello sviluppo, si ciba di alcune parti dell’insetto. L’acaro poi rimane nell’addome delle api succhiando l’emolinfa -liquido che negli insetti è molto simile al sangue dei mammiferi-.
Oltre alle malattie e ai parassiti, tra le principali cause c’è l’utilizzo di pesticidi. L’efsa -European Food Safety Authority- ha fatto puntare i riflettori sui rischi per api e impollinatori causati dall’utilizzo dei neonicotinoidi, tanto da portare l’UE alla decisione di limitarne l’utilizzo. L’abuso di pesticidi incide negativamente anche sulla nostra salute, basti pensare ai disastrosi effetti causati dell’utilizzo del Glifosato in Argentina nei campi di soia.
La richiesta globale di carne, che non rispetta assolutamente i tempi naturali dello sviluppo animale, spinge le imprese ad allargare o far sorgere nuovi allevamenti intensivi. Le api, a causa della costante urbanizzazione e dell’abuso nella costruzione degli allevamenti intensivi, subiscono anche un tragico impoverimento di habitat naturali.
Infine i cambiamenti climatici ed i conseguenti eventi meteorologici estremi, provocano una mortalità elevata negli alveari. Vi è anche il problema delle antenne di comunicazione: le onde elettromagnetiche disorientano le api impedendo loro di tornare a casa e provocandone la morte.
Le falle create dalla mano dell’uomo nel perfetto ecosistema naturale ci si ritorcono contro, sempre. Anche quando gli effetti non sono visibili ad occhio nudo. La biodiversità è in pericolo, ma anche la nostra sopravvivenza. Tornare ad uno stile di vita meno consumistico e “rurale”non è un passo indietro, ma un doveroso passo verso un futuro migliore.
Twitter: @amiraabdel13
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La lenta scomparsa delle api, detentrici di un patrimonio inestimabile