Ambiente. Clima impazzito, api a rischio

L’analisi della startup 3Bee. In soccorso tecnologia e adozione di alveari.

L’ape svolge un ruolo fondamentale per il nostro ecosistema. Grazie al passaggio di fiore in fiore, che può avere un raggio d’azione di quasi 3 km, contribuisce a impollinare moltissime specie, migliorando la biodiversità.

La minaccia climatica

Negli ultimi anni questa attività subisce variazioni a causa dei cambiamenti climatici. Stagioni impazzite, predatori e alluvioni. L’ape è un insetto abitudinario e il suo ciclo vitale è condizionato dall’ambiente in cui vive. Ogni mese prevede lo svolgimento di attività specifiche: a marzo, ad esempio, cominciano i preparativi in vista della stagione produttiva e l’alveare cresce, mentre a ottobre il numero delle api diminuisce, restano in vita solo quelle che garantiscono la sopravvivenza dell’alveare e gli sforzi sono concentrati per predisporre tutto il necessario per affrontare l’inverno, come la scorta di provviste. “I cambiamenti climatici sono tra le prime cause che hanno determinato l’attuale drammatica situazione delle api. Le api spinte da primavere anticipate, iniziano a lavorare prima, a febbraio, rischiando di essere colte da improvvise gelate – spiega Riccardo Balzaretti, biologo e apicoltore, che insieme a Niccolò Calandri ha fondato la startup 3Bee -. Inverni miti e primavere secche e calde, che portano sempre con sé anche lo spettro di gelate tardive, possono creare ingenti danni alle fioriture, da cui le api traggono il loro nutrimento”. A causa dei cambiamenti climatici gli habitat naturali mutano, con conseguenze devastanti per le api. Così capita che specie esotiche, come la vespa velutina che si nutre di api, approdino sul nostro territorio, facendo strage di api soprattutto in Liguria, Toscana e del Centro Italia. I fiori hanno poi ridotto il loro potere nettarifero, privando le api del loro nutrimento: “Le api stanno letteralmente morendo di fame e non producono più miele, come dimostra la riduzione dell’80% di quello di tiglio”. afferma Calandri.

Le difficoltà dei custodi delle apiapi

Fino agli anni 90 questo mestiere era scandito dall’alternarsi delle stagioni, secondo un calendario ben preciso che prevedeva trattamenti, cure, nutrimento e spostamenti in base ai mesi. Oggi la programmazione è sconvolta dagli sbalzi termici che hanno costretto l’apicoltore a sviluppare un nuovo modo di lavorare con ritmi molto più serrati e con un conseguente aumento dei costi di gestione degli alveari. Spesso gli apicoltori, loro malgrado, sono costretti a fare ricorso alla nutrizione artificiale per non lasciare morire di fame le api: sempre più spesso, infatti, in primavera, nel pieno della stagione produttiva, alle api viene a mancare il nutrimento a causa di improvvise gelate o di abbassamenti anomali della temperatura e gli apicoltori devono aiutarle a sopravvivere con sciroppo e zucchero. Tutti questi sforzi dell’uomo, che si rendono necessari per quasi il 90% degli alveari, oltretutto, rischiano di essere vanificati in un attimo, a causa di calamità naturali. Secondo i dati della Fai (Federazione Apicoltori Italiani) in Italia ci sono 56.665 proprietari di alveari, con 1.835.776 colonie (1.579.776 alveari e 256.000 sciami, 2 milioni di api regine e 80 miliardi di api operaie).

“Le realtà apistiche locali sono in sofferenza. Da Nord a Sud il grido di allarme è unanime a causa dei cambiamenti climatici e dell’utilizzo massiccio di pesticidi in agricoltura, che hanno un impatto negativo sulle capacità riproduttive, cognitive e di memorizzazione delle api – afferma Calandri -. Sul lungo periodo il danno recato dall’alluvione di ottobre agli apicoltori piemontesi sarà molto più diffuso di quello registrato e arriverà a coinvolgere più di 10mila alveari, spezzando la vita di 600 milioni di api, solo per quanto accaduto in poco più di una notte che non poteva essere prevista”.

L’aiuto tecnologico

La tecnologia può aiutare a migliorare la situazione: “I sistemi intelligenti di monitoraggio sviluppati da 3Bee permettono di elaborare dati utili come variazioni di peso, temperatura, umidità e suoni all’interno dell’alveare, facendo sì che l’apicoltore possa intervenire tempestivamente sulla base di quello che sta realmente succedendo in alveare” aggiunge Balzaretti. 3Bee ha anche ideato il programma Adotta un alveare, aderendo al quale chiunque può leggere in tempo reale sullo smartphone i dati che descrivono la vita all’interno di una delle arnie italiane monitorate dai suoi dispositivi 3.0. Grazie ai dati restituiti dal sistema di 3Bee, infatti, è possibile tenere sotto controllo lo stato di salute della colonia di api e, alla fine della stagione apistica, si potrà anche ricevere il miele frutto del lavoro delle api adottate.

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