Dalle api selvatiche una speranza contro la varroa

di Tommaso Cinquemani –

La Fondazione E. Mach ha lanciato un’app per censire le colonie di api non gestite. Uno strumento di citizen science che permetterà di conoscere meglio le api che vivono senza interazioni con l’uomo e tra le quali ci potrebbero essere esemplari che hanno sviluppato una resistenza alla varroa.

Quando pensiamo alle api l’immaginazione corre alle arnie in legno costruite dall’uomo per ospitare questi preziosi insetti. Eppure fino agli anni Ottanta in natura esisteva un gran numero di colonie di Apis mellifera che viveva indisturbato. Quando nel 1984 però la varroa (Varroa destructor) arrivò in Italia dall’Oriente, in poco tempo si assistette alla scomparsa della maggior parte delle colonie selvatiche, mentre quelle gestite dagli apicoltori sopravvissero solo grazie all’utilizzo di prodotti acaricidi e di tecniche di allevamento (come l’ingabbiamento della regina).

Per lungo tempo si è ritenuto che le api non gestite da apicoltori fossero scomparse e invece negli ultimi anni si è scoperto che colonie di api, talvolta originate da colonie allevate, vivono indisturbate in natura oppure nei centri urbani. Tuttavia di queste api non gestite poco si conosce: non si sa quante siano, dove si insediano, che tasso di mortalità hanno, quali insetti e malattie le affliggono, etc.
BeeWild, un’app per conoscere le api non gestite
Per superare questa mancanza di informazioni la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) ha lanciato questa estate una app, denominata BeeWild, per la mappatura delle colonie di A. mellifera selvatiche.

Il funzionamento è semplice: chiunque può scaricare l’app e dopo aver letto attentamente la semplice guida può fare una segnalazione. L’app guida l’utente passo passo nella compilazione di un breve questionario sul ritrovamento ed è possibile anche inviare delle foto che sono geolocalizzate. La segnalazione viene vagliata da un gruppo di esperti (di cui fa parte anche l’associazione World biodiversity association) e se effettivamente si tratta di una colonia non gestita di A. mellifera la segnalazione viene pubblicata su una mappa visibile a tutti.

Ad oggi sono un centinaio gli alveari mappati e ogni giorno arrivano nuove segnalazioni. “I dati che stiamo raccogliendo sono di fondamentale importanza per conoscere meglio la diffusione, il comportamento e lo stato di salute delle popolazioni di api non gestite”, spiega Paolo Fontana, il ricercatore della Fondazione E. Mach a capo del progetto. “Non solo è importante sapere il numero e la posizione delle colonie, ma soprattutto qual è la loro evoluzione nel tempo”.
Una speranza contro virus e varroa
A causa della varroa, dei cambiamenti climatici, della semplificazione ambientale e dell’uso di agrofarmaci in maniera scorretta la vita per le api si è fatta tutt’altro che semplice. E il tasso di mortalità delle colonie non assistite è elevatissimo: tre su quattro non sopravvivono all’inverno.

Eppure questa spietata selezione naturale potrebbe giocare a vantaggio delle api stesse e dell’agricoltura. La varroa ha infatti devastato le colonie di api in quanto queste non erano mai entrate in contatto con l’acaro e quindi non avevano delle difese per frenarne la diffusione.

Nelle colonie gestite dagli apicoltori questo insetto viene debellato con prodotti specifici oppure con tecniche di gestione della regina. In natura invece nulla di tutto questo è possibile. “Questo significa che se una colonia sopravvive nel tempo è perché ha sviluppato delle forme di resistenza alla varroa”, conclude Fontana.

In altre parole tra le popolazioni di A. mellifera non gestite si potrebbero nascondere dei geni di resistenza, selezionati in maniera darwiniana dalla pressione della varroa, che permettono alle api di resistere a questo micidiale acaro. Per i ricercatori diventerebbe così possibile prelevare pochi fuchi per fecondare le uova delle regine e trasmettere in questo modo i geni di resistenza. Un po’ come si fa in agricoltura nel breeding classico quando si vuole far ‘passare’ un gene di resistenza, magari ad un fungo, da una pianta selvatica ad una coltivata.

In questo modo gli apicoltori potrebbero avere a disposizione un’arma contro la varroa e anche l’agricoltura se ne gioverebbe, visto che le api sono fondamentali per impollinare un gran numero di colture commerciali.
I dati del censimento
Non c’è alcun intento, è bene dirlo, di prelevare intere colonie dal proprio luogo di insediamento o di disturbarle in alcun modo. Da questo punto di vista è interessante leggere alcuni dati preliminari pubblicati sulla rivista L’Apicoltore Italiano in relazione alla tipologia di insediamenti scelti dalle api selvatiche.

Si scopre ad esempio che il 60% delle colonie si è insediata all’interno di una cavità muraria, di camini o finestre, segno che le api non disdegnano affatto la vita in ambienti artificiali. Mentre il 21% ha trovato casa all’interno di un tronco cavo. E la maggior parte dei ritrovamenti si trova ad una altezza tra i due e i cinque metri.

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Comunicato stampa

La Fondazione Edmund Mach ha sviluppato una applicazione per cellulari per censire la distribuzione e la sopravvivenza delle api da miele selvatiche in Europa. L’app BeeWild è gratuita, contiene una guida semplice e chiara per riconoscere queste api e consente ai cittadini, attraverso una tipica azione di Citizen Science, di segnalarne la posizione e di inviare anche alcune fotografie al fine di una conferma da parte di un team di esperti.

I dati che verranno raccolti dalla app BeeWild, scaricabile da Play Store o App Store, serviranno per capire l’attuale distribuzione di questa fondamentale specie allo stato selvatico, dal momento che da alcuni decenni si riteneva fosse quasi estinta e che le uniche api da miele in Europa fossero quelle allevate dagli apicoltori. BeeWild per ora funziona sia in italiano che in inglese, ma nel breve futuro si prevede di implementarla con le altre lingue europee.

Il progetto FEM. L’app BeeWild è un progetto nato e costruito all’interno della Fondazione Edmund Mach; è stata ideata dal gruppo api del Centro Trasferimento Tecnologico di FEM ed è stata realizzata dal personale dell’unità Agrometeorologia e Sistemi Informatici con la collaborazione del Centro Ricerca e Innovazione. Per la gestione del flusso di segnalazioni che giungeranno attraverso BeeWild, FEM si avvarrà della collaborazione di World Biodiversity Association onlus, da alcuni anni impegnata concretamente nel campo delle api e dell’apicoltura.

Utilità della app

Conoscere la reale distribuzione delle colonie di Apis mellifera che vivono allo stato selvatico è molto importante ed è per questo che FEM ha ideato BeeWild.
Le colonie non gestite sono di fondamentale importanza per la conservazione delle api locali, ovvero delle diverse sottospecie di Apis mellifera. In tutta Europa oggi si sta sottolineando l’importanza di tutelare in vario modo queste sottospecie, che risultano strategiche per l’ambiente ma anche per il futuro dell’apicoltura. Studiare la diffusione e la sopravvivenza nel tempo di queste colonie non gestite dall’uomo non ha assolutamente lo scopo di individuarle e di prelevarle dai loro ambienti, anche perché la ricerca scientifica ci dice che sarebbe del tutto inutile. Ma attraverso i loro fuchi, i maschi delle api, queste colonie potrebbero facilmente trasferire anche alle api gestite dagli apicoltori della stessa zona le loro caratteristiche positive.

L’ape da miele e la sua rarefazione causata dalla Varroa

L’ape da miele, quella allevata dagli apicoltori, è un insetto autoctono in quasi tutta Europa, l’Africa e il vicino oriente ed è uno dei principali impollinatori delle flore di queste vaste regioni. Questo impollinatore poi è fondamentale per le produzioni agricole ed è ritenuto indispensabile per ottenere oltre un terzo del cibo che consumiamo. Fino a pochi decenni fa le colonie allo stato selvatico di Apis mellifera erano presenti ovunque: dentro alberi cavi, nelle fessure delle rocce ma anche in edifici abbandonati o meno. Dai primi anni ’80 però si è assistito ad una rapida rarefazione delle colonie selvagge a causa di un parassita, il temibile acaro Varroa destructor. Il parassita ha inizialmente decimato sia le api da miele selvatiche che quelle gestite dagli apicoltori, ma questi ultimi hanno immediatamente compreso come proteggere le loro colonie con diverse tecniche e sostanze ad azione acaricida.
Sulle colonie selvatiche l’effetto dell’acaro Varroa è stato invece tanto intenso da far sì che oggi in Europa gran parte delle api da miele vivono negli alveari gestiti dagli apicoltori. Per molti anni si è addirittura pensato che in Italia ed in Europa le api da miele allo stato selvatico fossero quasi totalmente scomparse. Negli ultimi anni si sta tuttavia assistendo ad un sensibile incremento di segnalazioni casuali ma purtroppo non ci sono praticamente dati scientifici se non per aree molto limitate. Ecco dunque la necessità di un’azione di censimento e monitoraggio capillare e su larga scala che solo attraverso la Citizen Science può essere realizzato in modo efficace.

Clicca qui per scaricare la app
https://play.google.com/store/apps/details?id=it.fmach.ctt.asi.beewild  
https://apps.apple.com/it/app/beewild/id1525514963 

Video dimostrativo censimento colonia api mellifere con app BeeWild
https://youtu.be/REO28vZAU1M