I blocchi di covata sono da una parte osannati come il toccasana nella lotta alla varroa e dall’altra visti come dei demoni capaci di creare solo problemi. Non credo che nella lotta alla varroa ci sia un solo rimedio risolutore, sarebbe il benvenuto. La varroa va combattuta durante tutto l’arco dell’anno utilizzando una serie di interventi a partire dalla primavera: formazione di sciami, allevamento di famiglie forti, telaino tripartito ecc…
Il blocco di covata è una cosa diversa dalla tecnica dell’asportazione di covata e porta con sè dei problemi. Vediamone alcuni.
Il blocco di covata viene fatto di norma a luglio quando le famiglie sono al massimo dell’espansione. E’ questo però anche il periodo in cui la regina, in genere, comincia a rallentare la sua deposizione. Il blocco in qualche modo intacca l’equilibrio del momento della famiglia, creando quasi certamente una mancanza di elementi di difesa della famiglia stessa presenti in particolar modo nelle larve, ad esempio minor produzione di pappa reale. Operativamente è quindi consigliato effettuare il blocco in presenza di sciami forti per non correre il rischio di indebolire troppo le famiglie. In nuclei e famiglie deboli è più opportuno combattere la varroa in altro modo. In zone di montagna è senz’altro cosa saggia controllare bene i nidi prima di ingabbiare la regina: api, consistenza covata, scorte. Stessa regola per le famiglie di recente formazione.
Il periodo del blocco di covata è quello in cui, in molte situazioni, le famiglie cambiano le regine. E questo è un problema per chi fa il blocco. La casistica è lunga. Si può trovare la regina morta in fondo alla gabbietta; si può non aver vista delle celle reali che permetteranno alla famiglia di crearsi una nuova regina. Ancora: poco dopo aver liberato la regina si possono trovare sui telaini due regine, che girano liberamente nell’alveare, può anche darsi il caso che, dopo la liberazione della regina, le api decidano di cambiarla creando un ulteriore vuoto di covata. Può anche accadere che la regina, una volta liberata, stenti a ricominciare la deposizione.
Tutti questi casi e altri ancora possono verificarsi indipendentemente dall’età della regina, anche se sono più frequenti con regine vecchie di qualche anno.
Per risolvere alcuni di queste situazioni , che si possono presentare, è forse opportuno che l’ apicoltore si attrezzi con qualche regina di scorta, magari allevata nel proprio apiario, in modo da poter intervenire tempestivamente e dare una regina alle famiglie eventualmente orfane o con altri problemi.
Inoltre nel periodo immediatamente seguente la liberazione della regina si verifica normalmente nell’alveare un calo del numero delle api, dovuto al fatto che le api vecchie muoiono e non c’è ancora il ricambio. Una conseguenza è quella che il numero più ridotto di api può indurre la regina a deporre meno uova, generando una ulteriore riduzione della curva di crescita della famiglia. In questo caso è forse opportuno stimolare la regina con una leggera nutrizione, in modo da ridurre il più possibile il calo della covata.
Il periodo, poi, in cui si effettua il blocco dipende anche dalla collocazione dell’apiario: pianura, collina e montagna hanno calendari agronomici e climatici differenti, con un progressivo ritardo nell’ingabbiamento man mano che si sale in altezza.
Quelli esaminati possono essere alcuni dei perché i blocchi di covata possono non aver successo. E’ un momento delicato della vita dell’alveare e va valutato attentamente dall’apicoltore prima di effettuare un eventuale blocco di covata artificiale per evitare danni irreparabili alle api.
Un problema connesso alla tecnica dei blocchi è il trattamento con acido ossalico.
Si dice di usarlo in assenza di covata e quindi 6-7 giorni dopo la liberazione della regina, quando tutte le api sono sfarfallate. Agendo in questo modo le varroe rimangono all’interno dell’alveare per un periodo troppo lungo e possono provocare danni gravi alle api adulte alle quali si attaccheranno quando non ci saranno più celle di covata fresca nelle quali entrare. Creeranno ulteriori danni soprattutto con la diffusione dei virus, che provocano un indebolimento delle singole api.
Questi due fattori possono portare la famiglia all’estinzione. Per evitare questo possibile collasso, per chi utilizza l’ acido ossalico, è forse opportuno effettuare uno o due trattamenti con ossalico anche durante il blocco, ad esempio al 13° giorno e alla liberazione della regina, oltre a quello finale in assenza di covata 6 – 7 giorni dopo la liberazione.
Un’ultima cosa. L’ingabbiamento avviene normalmente dopo l’ultimo raccolto. Però può essere effettuato anche durante il raccolto (ad es. di melata). In questo caso esso permette di combattere la varroa e contemporaneamente di continuare a fare il raccolto. L’unico accorgimento che deve avere l’apicoltore e quello di spostare il melario quando effettua il trattamento con ossalico e non di farlo direttamente sul melario.
Una conclusione: il mestiere di apicoltore sta diventando difficile per le complicanze indotte dalla varroa. Se poi a questo si aggiungono clima e stagioni bizzarre il quadro si va riempiendo; mancano solo i problemi causati dall’inquinamento e dall’ utilizzo di farmaci in agricoltura per completare l’insieme delle difficolta. Però il contatto con le api e la natura gratifica spesso, almeno in parte, l’apicoltore che comunque deve anche raccogliere il miele per rendere redditizia la sua azienda e non lavorare solo per salvare le api.
Claudio Vertuan
Fonte: “Apinforma AnnoXVII N.5”